SEI STORIE DI GUGLIELMO GIGLIOTTI – EDIZIONI CARTE SEGRETE, 2011
SEI STORIE
di Guglielmo Gigliotti
In copertina: TIRELLI, PIZZI CANNELLA, CECCOBELLI, NUNZIO, GALLO, DESSI’ – Foto di Claudio Abate
Introduzione Luca Massimo Barbero
Edizioni CARTE SEGRETE 2011
Via Tiburtina, 141 – 00185 Roma
Tel. +39 0694518387 – Email: info@cartesegrete.com
Recensione di Vittoria Biasi
I tempi ritornano ricchi di nuovi percorsi interpretativi, simbolici. Il concetto di infinito rivela applicazioni temporali emozionanti. L’infinito del passato è rivelato dalla riletture degli eventi, che contengono segni di svolgimenti successivi o collegamenti con culture coeve, ma dall’altra parte del pianeta. Percorrendo, tra differenti riflessioni, l’ossimoro che connota l’arte, reperibile nel pensiero di Lao-tzu di 2500 anni addietro e in quello del greco Eraclito, Guglielmo Gigliotti propone una rilettura della Scuola di San Lorenzo. In Sei storie. Tirelli, Pizzi Cannella, Ceccobelli, Nunzio, Gallo, Dessì, (Edizioni Carte Segrete, Roma 2011), l’autore traccia una breve storia del Pastificio Cerere, luogo industriale dismesso, recuperando il valore mitologico del nome, la sua simbologia riflessa ‘nella fertilità dell’arte, che della vita è un affondo verticale’. Sulla fine degli anni ’70 in Europa si assiste ad un ritorno del piacere pittorico, delle tecniche tradizionali. Il recupero dell’identità artistica si colloca all’interno dei movimenti che agitano il panorama culturale del secondo Novecento. Gigliotti coglie il comune respiro tra i sei di San Lorenzo e la Transavanguardia italiana, i Nuovi Selvaggi della Germania, la Bad painting e il Graffitismo degli USA.
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Tirelli, Pizzi Cannella, Ceccobelli, Nunzio, Gallo, Dessì convergono nell’ex Pastificio Cerere con differenti storie, accomunati dalla “consapevolezza, scrive l’autore, delle cose dell’arte che parla ‘concettuale’ e che si manifesta in un’attitudine critica e analitica del soppesamento[…] delle potenzialità dei mezzi dell’arte.”
Nunzio, per primo, occupa il quinto piano dell’ex Pastificio nel 1973 seguito poi dagli altri artisti, creando a Roma un centro di incontro, determinando una nuova lettura del quartiere nel procedimento urbano. La storia degli artisti si intreccia con quella dei galleristi, tra cui Sargentini, Speroni e, Ugo Ferranti. Dal 1978 Ferranti espone Dessì, Ceccobelli e Giuseppe Gallo assieme ad Angelo Segneri e Francesca Woodman, facendo relazionare le loro opere con Yvonne Lambert a Parigi, Salvatore Ala a New York, la Galleria Swart di Amsterda, Gröninger Museum di Gröninger, in Olanda.
L’autore traccia il percorso degli artisti attorno al luogo prodigiosamente connotato da una mitologia che continua ad essere prodiga di consensi e riconoscimenti.
Gigliotti dedica la seconda parte del volume alla presentazione della poetica artistica dei sei, accomunati da forme e ricerche espressive estreme, semplici, che riflettono un’atmosfera usata dal tempo, dal peregrinare del pensiero fino ad un approdo del segno non- concluso.
Lo studio sugli artisti dell’ex Pastificio è guidato dalla lettura, dalla magia del luogo forse connotato dal nome o forse da una storia, che è stata tramandata con silenzioso rispetto fino ad emergere nell’architettura industriale. Come le chiese sorgono su antichi siti di culto, forse la zona dell’ex Pastificio era luogo di particolari cerimonie o festeggiamenti. La ricerca dell’origine è la ricerca del senso che guida la poetica dei Sei, è la ricerca del legame Terra –Arte. Gianni Dessì dipinge, estende il colore alla ricerca di nuovi confini, eco infinita di una centralità sempre evidenziata, un contatto primario. Sul paradigma del concreto astratto, del punto fermo, reale, da cui risalire “la corrente verso la fonte”, come dice Nunzio, scorre la lettura, la visione unitaria proposta da Gigliotti. Sei storie evidenzia la nascita del fenomeno dal caso, che nel pensiero orientale vuol dire incontro di auree, quindi momento sacro e misterioso.
In tal senso l’autore congiunge con un filo sottile la storia dei sei artisti, al profondo del fare pittorico che come una fiaba avvolge l’umanità, lascia il suo segno. “Raccontare il Pastifico, scrive Luca Massimo Barbero nell’introduzione, quel ‘c’era una volta’, quel c’è ancora’, significa addentrarsi in una storia sospesa tra realtà e immaginazione” entrare nel rapporto forte tra la dimensione del ferro e del cemento, propria dell’ex Pastificio, e quello imprendibile dell’arte.
Guglielmo Gigliotti
Nato nel 1967 a Roma, dove vive, è docente di Storia dell’arte contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Napoli. E’ redattore de “Il Giornale dell’arte” e collaboratore di “Segno” e “Titolo”. E’ curatore di mostre (presso, tra l’altro, l’Attico di Fabio Sargentini, la Galleria il Segno, la Galleria Oddi Baglioni, lo Studio d’Arte Cannaviello di Milano, la Konrad Fischer Galerie- Duesseldorf, Max-Museum di Chiasso). Un suo saggio è comparso nel libro del MaXXi “Il Confine evanescente. Arte italiana dal 1969 al 2010”, a cura di G. Guercio e A. Mattirolo, Electa.
Vittoria Biasi
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