LIGHT ROUTES | PERCORSI DI LUCE
DELLORO ARTE CONTEMPORANEA – BERLIN OPENING
Saturday 26th February – h. 19:00
Karl Liebknecht Straße 5 – Berlin
www.galleriadelloro.it | info@galleriadelloro.it
www.1fmediaproject.net/2011/03/12/delloro-arte-contemporanea-berlin-opening/
Light routes – Text by Vittoria Biasi
I met Carlo Bernardini at the beginning of his artistic career, when he was exhibiting the “bi-dimensional sculptures” in which the real iron tubes were living as shadows in the graphite acrylic painting. It was an art work based on the line, on its relation with the monochrome space, on the pencil of light marking the borders. I could follow the disclosure of his poetic, which was already emerging from the works of the nineties. Some of Bernardini’s experiences represented the linguistic transformation towards the search for light and its sculptural dimension inside the white (1994). In the same years, in the exhibition Stati del bianco, Carlo Bernardini released the lines from their pictorial imprisonment with a site specific work realized between the vaults of the church of San Francesco in Bolsena. The iron tubes and the luminous lines establish an autonomous dialogue with the external space, as in the first air installation in Padova in the occasion of the exhibition Accordi di luce. Luce d’arte per l’arte. (2000).
The artist experimented the relation between lines and space in the occasion of international events such as those of 2004 at the Museo Paço Imperial in Rio De Janeiro and 2007 with the installation Event Horizon at the Swing Space in New York. In 2010, he presented the optic fiber installation in Amsterdam, and also in Berlin in the occasion of the Art Light at DomAquarèe.
With the latest installation titled Vacuum, presented at the opening of the new venue of Delloro Arte Contemporanea in Berlin, Bernardini suggests once more the dialogue between optic fiber cables and rusty iron tubes. The new venue of Delloro Arte Contemporanea in Berlin is inside the peatonal area behind the Museum Insel in the modern DomAquarèe City Quarter. The main gallery, an open space of 250 sq meters, is placed beside an entirely visible project space of 70 sq meters, which will allow to present site-specific projects in parallel with the ongoing exhibition.
The project space hosts the installation Filament of the Hungarian artist Balint Bolygo, an interaction of video projections and mechanical processes.
There is a mathematical-scientific relation connecting the two exhibitions, which suggest different interpretations of the search of light. The approach of Bernardini takes its origin from the perceptive poetics emerged in the fifties and sixties. In the works titled Catalizzatore di luce the optic fiber multiplies in virtual reflections that originates from the dynamic eye of the observer.
The works of Balint Bolygo, which are maybe following the idea of Moholy Nagy’s light modulators (in particular the Light Display: Black-White-Grey), invite the observer to interact through minimal gestures by which he can generate images and movements. The kinetic use of the light, based on the scientific research of the artist, generates poetically programmed images and luminous decompositions. The work Filament, inside the project space, creates a relationship between two autonomous “engines” whose interaction breaks the expectation determining progressive decompositions of chromatic nettings and luminous filaments. Balint Bolygo re-arranges the laws of chaos around specific notions from which the story of the art work comes out.
Vittoria Biasi
Art historian, critic and curator of international exhibitions
Percorsi di luce – Testo di Vittoria Biasi
Ho conosciuto Carlo Bernardini agli inizi del suo percorso artistico, quando esponeva “sculture bidimensionali” in cui i tubi di ferro reali continuavano a vivere, come ombra, nel dipinto ad acrilico e grafite. Era un lavoro sulla linea, sul suo rapporto con lo spazio monocromo, sul filo di luce che traccia i confini. Ho potuto seguire la rivelazione della sua poetica, di cui si potevano rintracciare (a posteriori) i segni nelle opere degli anni ‘90. Alcune esperienze hanno segnato il passaggio linguistico nella ricerca della luce e della sua dimensione scultorea all’interno del bianco(1994). In quegli stessi anni nella mostra Stati del bianco, Carlo Bernardini liberava le linee dalla prigionia pittorica con un’opera site spefic pensata e sospesa tra le volte della chiesa di san Francesco a Bolsena. I tubi di ferro, le linee fosforescenti iniziavano un rapporto autonomo di dialogo con lo spazio, come nella prima installazione aerea a Padova (2000) in occasione della mostra Accordi di luce. Luce d’arte per l’arte. L’artista ha sperimentato in eventi internazionali il rapporto dell’esile fibra nello spazio, come nel 2004 presso il Museo Paço Imperial in Rio De Janeiro e nel 2007 con l’installazione Event Horizon al Swing Space in New York. Nel 2010 ha presentato l’installazione in fibra ottica ad Amsterdam e a Berlino per Art Light Domaquaree.
Per l’ultima installazione dal titolo Vacuum, presentata per l’apertura della Galleria Delloro Arte Contemporanea, nella nuova sede di Berlino, Bernardini mette in scena le possibilità luministiche della fibra ottica nell’antico nuovo dialogo con i tubi di ferro, dal colore monocromo della ruggine, traccia delle sedimentazione e delle avventure temporali. La galleria Delloro, con cui Bernardini collabora, è una sede particolare nell’area pedonale alle spalle dell’Isola dei Musei nel moderno City Quartier DomAquarèe. La galleria principale, un open space di 250 mq, sarà affiancata da un project space di 70 mq interamente a vista, che permetterà di presentare di volta in volta progetti site-specific paralleli alla mostra in corso. Carlo presenterà il linguaggio estremo della fibra ottica, ridisegnando lo spazio e i piani prospettici della galleria. Il project space ospita l’installazione Filament dell’artista ungherese Balint Bolygo, che sviluppa un linguaggio d’interazione tra proiezioni di luce e processi meccanici, da cui nascono immagini e luci in movimento. Una riflessione matematico- scientifica collega le due mostre, che propongono le differenti derive della ricerca sulla luce. Il percorso di Bernardini si sviluppa sull’eco delle poetiche percettive emerse negli anni Cinquanta/Sessanta. Nelle opere Catalizzatore di luce la fibra ottica si moltiplica in riflessi virtuali, messi in atto dallo sguardo mobile dello spettatore.
Le opere di Balint Bolygo, forse sulla linea della ricerca dei modulatori di Moholy Nagy (in particolare Light Display: Black-White-Grey) invitano all’interazione dello spettatore, che con gesti minimi può mettere in movimento immagini di fasci luminosi. L’uso cinetico della luce, per l’artista ungherese, fondata sulla ricerca scientifica, propone immagini poeticamente programmate, scomposizioni luministiche sulla labile soglia tra il fascino e l’imprendibilità della luce. L’opera Filament proposta per il project space mette in relazione due “motori” autonomi la cui interazione ‘rompe’ la previsione determinando scomposizioni di fasci, di reti cromatiche, di filamenti luministici. Balint Bolygo riordina le leggi del caos attorno ad alcuni principi da cui nasce il racconto dell’opera.
Vittoria Biasi
Storica dell’arte, critico e curatrice internazionale
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