LA BIENNALE DI VENEZIA – LABORATORIO INTERNAZIONALE DI ARTI SCENICHE
la Biennale di Venezia
Laboratorio Internazionale di Arti Sceniche
Direttore Àlex Rigola
Venezia, 4 > 12 agosto
con il sostegno della Regione del Veneto
Con il Laboratorio Internazionale di Arti Sceniche, che si svolgerà a Venezia dal 4 al 12 agosto, Àlex Rigola, direttore del Settore Teatro, approfondisce e amplia la riflessione sul fare teatro oggi attraverso un programma articolato in laboratori, concepiti come momento del confronto con i Maestri per chi si affaccia sulla scena professionale, e residenze, destinate al lavoro autonomo di giovani artisti con la possibilità di progettare e sedimentare le proprie intuizioni artistiche. Due momenti di un percorso unitario che intende fare di Venezia un luogo di incontro e di confronto per gli artisti, un cantiere di lavoro sulla contemporaneità.
E’ infatti in linea di continuità con il biennio precedente che nascono le residenze: protagonisti sono i gruppi di lavoro costituitisi intorno ad alcuni dei 7 workshop che hanno caratterizzato la prima edizione del Laboratorio Internazionale di Arti Sceniche e del 41. Festival del Teatro, e che hanno seguito le diverse fasi della realizzazione dei 7 peccati, una performance itinerante divisa in sette capitoli ad opera di sette registi. Sono i gruppi che hanno lavorato con Thomas Ostermeier, Jan Lauwers, Romeo Castellucci. Alla Biennale, questi giovani attori professionisti si sono incontrati tra ottobre 2010 e marzo 2011 per poi ritrovarsi, maturando un’affinità e un’attitudine al lavoro in comune, ognuno sotto la guida di un regista, nella densissima settimana del 41. Festival, pensata come “agorà” del teatro. Da allora hanno continuato a lavorare in modo organico; oggi sono di nuovo a Venezia e in una sorta di passaggio del testimone, diventano attori in prima persona del loro progetto artistico. La formazione nata attorno a Thomas Ostermeier, con Cristiane Mudra, Valeria Almerighi, Valentina Fago, Nina Gensola, Fèlix Pons, Fortunato Leccese e Kostis Kallivretakis, pone al centro del proprio lavoro un tema di bruciante attualità come la questione dell’identità europea oggi; quella di Jan Lauwers, con Emmanuelle Moreau, Nicolas Wan Park, Carlota Ferrer e Francesca Tassini, si metterà alla prova con gli atti unici di Beckett; infine, quella sorta insieme a Romeo Castellucci, con Piera Formenti, John Romao, Giorgina Oliva, Damiano Ottavio, lavorerà attorno a Porcile di Pasolini.
E’ invece con cinque autori della scena contemporanea, che attraverso modalità assai divergenti hanno saputo raccontare il nostro tempo, Luca Ronconi, Declan Donnellan in coppia con lo scenografo Nick Ormerod, Claudio Tolcachir, Neil LaBute e Gabriela Carrizo della compagnia belga Peeping Tom, che giovani attori, registi, danzatori, drammaturghi potranno indagare, all’interno di laboratori dedicati, i procedimenti che stanno alla base di una messinscena in tutte le sue sfaccettature.
Al magistero di Luca Ronconi, autore di grandi narrazioni teatrali, ma anche appassionato pedagogo, come sottolinea la motivazione con cui gli è stato attribuito il Leone d’oro alla carriera, premio che gli verrà consegnato nel corso del Laboratorio Internazionale di Arti Sceniche, verrà affidato un atelier di regia. Ronconi lo ha voluto focalizzare su Questa sera si recita a soggetto di Luigi Pirandello, un autore che pur non essendo di riferimento, diventa incontro obbligato per chi, come Ronconi, ha condotto una grande analisi del dramma borghese. La crisi della famiglia raccontata dai drammi ibseniani, di cui Ronconi ha firmato diverse regie, si salda con la dissoluzione della forma attivata dal teatro nel teatro di Pirandello.
Classe 1963, originario di Detroit, Neil LaBute è considerato l’autore teatrale contemporaneo più rappresentato al mondo, con anche due opere in scena contemporaneamente nella stessa città, e con il Festival Fringe di Edimburgo a far man bassa dei suoi titoli. Dal noir al thriller psicologico, LaBute affronta tutti i generi della commedia mettendo a nudo con tagliente ironia la misoginia e il maschilismo nel rapporto fra i sessi e dipingendo un mondo “acido”, popolato da segreti crudeli e personaggi inquietanti, spesso in polemica con l’establishment ma in evidente empatia con il pubblico. Bash, del 1999, è un trittico di atti unici (A Gaggle of Saints, Medea Redux, Iphigenia in orem) che immerge la tragedia greca nella brutalità dei nostri giorni; The Mercy Seat, del 2002, storia di un impiegato del WTC che approfitta della tragedia dell’11 settembre per fingersi morto e ricostruirsi una vita con l’amante, è la risposta teatrale più forte al dramma americano, che lascerà sul terreno aspre polemiche nonostante il successo; Reasons to be pretty, del 2008, ottiene 3 candidature ai Tony Awards. Drammaturgo che si colloca nella scia di Harold Pinter, David Mamet, Alan Bennet, Neil LaBute si muove disinvoltamente anche dietro la macchina da presa, trasformando in sceneggiature molte delle sue commedie: Nella compagnia degli uomini, dramma del 1993, diventa il suo film d’esordio quattro anni dopo, è pluripremiato (al Sundance, a Deauville, a New York) e fa di LaBute una delle promesse del cinema indipendente americano. Il film è interpretato da Aaron Eckhart, compagno di studi e poi attore feticcio di tutti i suoi film successivi, in cui si troverà accanto a grandi nomi come Nastassja Kinski e Ben Stiller (Amici & vicini, 1998), Renée Zellweger (Betty Love, 2000), Gwyneth Paltrow (Possession, una storia romantica, dall’omonimo romanzo di Antonia Byatt), Rachel Weisz (The Shape of Things, 2003, anche questo nato da un testo per il teatro), Nicolas Cage (Il prescelto, 2006, remake di un film di culto inglese, The Wicker Man). Alla penna corrosiva di Neil LaBute è affidato il laboratorio destinato alla drammaturgia.
Fra i più influenti registi del teatro europeo oggi, Declan Donnellan ha affrontato i grandi classici della drammaturgia di tutto il mondo pescando nel ricchissimo teatro elisabettiano, giacobino e della Restaurazione con Shakespeare, Webster, Etheridge, Wycherley, Rowley, nel teatro classico tedesco e francese con Lessing, Corneille, Racine, nel siglo de oro del teatro spagnolo con Pedro Calderón; in quello russo con Cechov, Ostrovskij; ma ha anche affrontato la grande letteratura con Thackeray, Pushkin, Dickens, de Musset.
Fondatore nel 1981, insieme all’inseparabile Nick Ormerod, di una delle più apprezzate compagnie della scena britannica, Cheek by Jowl, Donnellan, più volte premiato con il Laurence Olivier, è stato chiamato dalle istituzioni più illustri: dalla Royal Shakespeare Company, per cui ha firmato numerosi spettacoli, al Royal National Theatre, dove è direttore associato dal 1989, dal Bolshoi di Mosca e poi dal Maly Teatr e il Festival Cechov per fondare nella capitale moscovita una compagnia di attori modellata sull’esempio britannico. E’ poi in russo che viene pubblicato il suo saggio L’attore e il bersaglio, poi tradotto in inglese, francese, spagnolo e italiano. E dalla sua “scuola”, dove lo stile emana dalla sostanza, provengono alcuni dei talenti più brillanti: attori come Michael Sheen, Daniel Craig, Adrian Lester, Matthew Macfadyen, Saskia Reeves. “La grande recitazione” dice Donnellan, “è qualcosa che ha luogo nello spazio tra gli attori e non nel recitare in sé”, così come il compito del regista non è “avere una visione di come mettere in scena un testo”, ma aiutare tutti gli attori come fossero un unico ensemble, così che ogni parte cresca in unisono con quella degli altri. E al lavoro dell’attore sarà dedicato il laboratorio veneziano.
Il trentaseienne Claudio Tolcachir, attore, drammaturgo e regista, esponente di punta del teatro indipendente argentino, irrompe sulle scene non solo europee firmando una trilogia dai toni tragicomici e surreali iniziata nel 2005 e conclusa nel 2008: La omisión de la familia Coleman, adattamento di All my sons di Arthur Miller, Tercer cuerpo, El viento en un violin, totalmente originali, sono una vivisezione impietosa. La trilogia in breve fa il giro del mondo, viene rappresentata in più di trenta paesi, fra cui anche l’Italia, e salutata come il vero trionfo dell’ultimo Festival d’Autumne a Parigi. Un risultato che ha sorpreso lo stesso Tolcachir, partito da un teatro letteralmente fatto in casa nell’Argentina degli anni della crisi economica, quando alle soglie del nuovo millennio fonda il primo nucleo della sua compagnia, Timbre 4, che indica proprio il numero del campanello della sua casa-teatro. Se la scena argentina è una realtà vitalissima, e se Buenos Aires può contare su più di 600 debutti l’anno, tanto che “vivere a Buenos Aires o passare per la città senza andare a teatro – hanno scritto – è come stare a New York e non andare al Moma” (Jorge Dubatti), oggi i suoi esponenti sono campioni di un teatro che ha pochi appigli con i modelli europei. Da Ricardo Bartís, alfiere del rinnovamento teatrale argentino nel mondo e in patria, presente alla scorsa edizione del Laboratorio e del Festival, ai nuovi Rafael Spregelburd e Daniel Veronese, e da quest’anno Claudio Tolcachir. “Il teatro è un processo complesso di cui non si dovrebbero vedere i meccanismi, un processo in cui le parti dovrebbero fondersi in un’unità che attraversa il nostro corpo, ci emoziona e poi ci fa anche riflettere – afferma Tolcachir. Però il teatro è prima di tutto i suoi attori e io ho la fortuna di collaborare con persone magiche che si affidano incondizionatamente al gioco dell’attore e alimentano questo fuoco sacro giorno dopo giorno”. E sarà un laboratorio naturalmente dedicato all’attore, sollecitato a una indispensabile partecipazione alla creazione, quello condotto da Claudio Tolcachir.
Attraversando i confini e le aree di contiguità possibile delle forme dello spettacolo contemporaneo, è con Gabriela Carrizo della compagnia di teatro-danza Peeping Tom, fra le novità più singolari emerse in questi ultimi anni, che Rigola completa la sua indagine sulle diverse pratiche del teatro oggi. Argentina, Gabriela Carrizo si forma nella fertilissima area della danza e del teatro fiamminghi, con i Ballets C de la B di Alain Platel e con la Needcompany di Jan Lauwers, prima di dar vita con Franck Chartier, all’alba del nuovo millennio, a Peeping Tom, una propria compagnia di stanza a Bruxelles. Peeping Tom si impone sulla scena europea con la trilogia Le Jardin, Le Salon, Le Sous Sol, spettacoli che trasformano in teatro e danza le idiosincrasie e le nevrosi quotidiane con un linguaggio a tratti crudamente realistico a tratti onirico. Come nell’ultimo spettacolo, 32, Rue Vandenbranden, che mette in scena un mondo parallelo, dove le angosce si moltiplicano e il sogno rischia di trasformarsi in un film dell’orrore. Gabriela Carrizo condurrà un laboratorio sul gesto dedicato ad attori e danzatori.
Alcuni dei laboratori e delle residenze in programma avranno un esito pubblico, mostrando i “materiali scenici” del lavoro svolto, in modo da offrire a specialisti e non, curiosi o appassionati la possibilità di farsi spettatori maggiormente consapevoli.
Già da oggi è possibile avere informazioni sui laboratori scrivendo a: theatreworkshops@labiennale.org
No Comment