ANTONELLO VIOLA, APERTO CON FINE – GALLERIA IL SEGNO – ROMA
Antonello Viola
Aperto con fine
a cura di Guglielmo Gigliotti
con testi in catalogo di: Guglielmo Gigliotti e Claudia Ceri Via
Inaugurazione: giovedì 11 aprile 2013, dopo le 6 di sera
fino a: venerdì 19 luglio 2013
Luogo: galleria Il segno – Roma
Testo di Guglielmo Gigliotti
Raggiunta calma dei colori
Una felicità vasta
come lo spazio
Buddha
Antonello Viola dipinge spazi aperti, liberi e interiori.
Con quattro linee definisce rettangoli che incorniciano laghi mentali, saturi di colore e di silenzio. E’ stupefacente la profondità che alberga in strati di pittura così sottili, la calma vastità che può suggerire una carta coperta di veli di colore, dall’apparenza di soffio solidificato. Si può negare che Viola dipinga lo Spazio in sé, senza dimensioni e direzioni? Basta guardare dentro quelle piscine monocrome per riconoscere qualcosa che ci appartiene. Qualcosa che dà ragione a filosofi, poeti e fisici nucleari, secondo cui il 95% della materia è formata dallo spazio vuoto dell’antimateria, posizionata tra elettroni e nuclei atomici: lo spazio è la materia fondamentale delle cose. L’arte di Viola sta quindi nel compenetrare la materia, trasvolando le sue amplitudini interne. E’ arte né astratta, né figurativa. Il cielo è astratto o figurativo? E’ però indubbiamente Realismo, perché a Viola interessa la realtà del colore-spazio che rappresenta se stesso. E’ pittura radicale, nel senso che Viola attinge alle radici delle cose e della stessa pittura. E’ pittura verticale, perché invita al tuffo e all’immersione, come «un pozzo di desideri cromatici», secondo le parole dello stesso artista. Il colore è monocromo solo in apparenza, perché il suo spessore è l’effetto di un impasto di rossi, di turchese, di neri, disposti a piccoli e ritmati colpi di spatola nell’area delimitata da quella sorta di cornice interna della pittura, che è il rettangolo con cui Viola inizia tutte le sue meditazioni sulla natura profonda della superficie. Le sedimentazioni cromatiche sono condotte dall’artista, proteso nell’auscultazione degli echeggiamenti interiori prodotti dallo spazio-pittura, e viceversa, fino al punto della percepita saturazione del colore, della sua pienezza sorda eppure vibrante, come sospesa nel tempo. Non è quindi la qualità del colore a determinare la densità e la verità dello spazio-immagine, ma la quantità, il peso psico-percettivo delle sovrapposizioni. E’ come scavare all’incontrario: la superficie è una grande cavità costruita per accumulo di materia, come una montagna suggerita per vuoti. Abolito ogni referente del colore che non sia il colore stesso, il raggiunto grado zero della pittura va a coincidere con la totalità della pittura. E’ un equilibrio che trova il suo baricentro nel vuoto, perché vuoto è il punto in cui si annullano (diventano nulla) le forze contrapposte che compongono l’equilibrio. E’ un equilibrio tra l’artista e l’opera, tra l’opera e il mondo, perseguito da chi intende enucleare, con la sua pittura, il punto in cui le sue vastità coincidono con quelle di tutti, con quelle di tutto. Quel punto è la leva che solleva il mondo, non perché la leva sia robusta, ma perché è il mondo ad aver abbandonato tutto il suo peso, lasciando solo Leggerezza.
«Il mio sogno è dipingere nell’aria con la leggerezza dell’aria». Queste parole di Antonello Viola spiegano la presenza in questa mostra, con cui si presenta la produzione recente del pittore romano, di numerosi oli su carta, e di una sola tela. L’assottigliamento del supporto è in linea con la radice etimologica del termine: sub-portare, portare sotto. Il supporto è strumentale, la pittura potrebbe farne idealmente a meno, senza che nulla scalfisca la sua realtà. Sei lavori sono dipinti addirittura su vetro, segnando un ulteriore passo verso la rarefazione del «portatore» di pittura: «La pittura è un’idea», spiega Viola, «un’idea di un corpo, non è un corpo». Yves Klein era giunto a chiamarla «zona di sensibilità pittorica immateriale». Ma Viola non guarda al re della monocromia, preferendogli un altro re: «Mi piacerebbe essere un Morandi dell’astrazione». Eppure il modello supremo per Viola è il mare. L’artista ama infatti immergersi in apnea, per calarsi fino a un livello di profondità, onde percepire quel senso dell’illimite, che poi troviamo nella sua pittura. Pittura come mare, vasta e profonda perché pittura in sé, senza soggetto, anche senza mare: pittura pura. In Viola assistiamo alla flagranza della pittura, alla sua ostinata e muta presenza. I suoi dipinti dicono a chi li guarda: «Siamo qui. E tu?». Ecco perché l’arte in artisti come Viola corrisponde a un’utopia realizzata: se fossimo come quei dipinti saremmo liberi, liberi per sempre. Saremmo come lo spazio che conteniamo, saremmo come già siamo: mari pensanti. Pascal diceva: «Sospesi tra l’infinito e il nulla». E lì felici. Se solo fossimo come la pittura senza nome, con cui autoritrarci nel mare.
La pittura fa bene, l’arte serve a vivere, e guardare è come respirare.
Questa mostra non vuole essere solo una mostra, ma anche un’opportunità di riflessione, tra l’osservazione di un’opera e un’altra, nello scambio con altri compagni di fruizione e umana condivisione, sul senso profondo della pittura oggi, sui «perché», più che sui «come», dell’essere pittore, sui suoi significati, nel contesto di una società in crisi, in cui tuttavia la pittura, come gli alberi o il vento, non entra in crisi.
Guglielmo Gigliotti
Antonello Viola
Aperto con fine
a cura di Guglielmo Gigliotti
con testi in catalogo di: Guglielmo Gigliotti e Claudia Ceri Via
Inaugurazione: giovedì 11 aprile 2013, dopo le 6 di sera
fino a: venerdì 19 luglio 2013
Luogo: galleria Il segno – Roma
La Galleria Il Segno presenta per la seconda volta una personale di Antonello Viola, a cura di Guglielmo Gigliotti. La sensibilità per una pittura stratificata e d’assetto monocromo, inscritta in rettangoli di concentrata densità, giunge, nelle opere del 2012-13 in mostra, a una riduzione dell’opera-oggetto ai suoi minimi termini materiali: non più tele, come nel 2009, ma carte, circa cinquanta, e vetri, sei. Questi i supporti prescelti per una mostra che vuole affermare, ancora una volta, l’attualità della pittura che scava nelle profondità delle superfici. Scrive G. Gigliotti in catalogo: «Antonello Viola dipinge spazi aperti, liberi e interiori. Con quattro linee definisce rettangoli che incorniciano laghi mentali, saturi di colore e di silenzio. E’ stupefacente la profondità che alberga in strati di pittura così sottili, la calma vastità che può suggerire una carta coperta di veli di colore, dall’apparenza di soffio solidificato. Si può negare che Viola dipinga lo spazio in sé, senza dimensioni e direzioni?»
Il catalogo si avvale anche di un testo di Claudia Ceri Via.
Le carte, esclusivamente di due formati, sono dipinte con preziosi pigmenti ad olio, quando rossi, quando neri, blu o bianchi. Talvolta sono anche dorati «a foglia». Le opere sono delimitate da leggeri e precari «confini» segnati a pastello, per una delimitazione che intende «aprire» e non chiudere, ma secondo una chiara visione delle cose: di qui il titolo «Aperto con fine». Le carte e i vetri saranno presentati in galleria a parete all’interno di griglie allestitive, di cui una di grandi dimensioni (m 3×4), atte a valorizzarne il potenziale di relazione spaziale e fruitiva.
La mostra si offre anche come opportunità di riflessione, nello scambio con altri compagni di fruizione e umana condivisione, sul senso profondo della pittura oggi, sui «perché», più che sui «come», dell’essere pittore, nel contesto di una società in crisi, ma nella certezza che l’arte non conosce crisi.
Su questo tema, la Galleria ospiterà, a metà maggio, una tavola rotonda.
Galleria Il segno,
Via Capo le case, 4 – 00187 Roma
tel. 06/6791387 – fax 06/6795844 – info@galleriailsegno.com – www.galleriailsegno.com
Orari: mattina 10,30 – 13,00 – pomeriggio 17,00 – 19,30
lunedì mattina e sabato pomeriggio chiuso
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