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WHITEOUT BY JILL ROCK – HUNDRED YEARS GALLERY – LONDON

‘Whiteout’ by Jill Rock
From 3rd of December to 9th of January | Hundred Years Gallery
Hundred Years Gallery
13 Pearson St. London E2 8JD +44 (0) 20 3602 7973 – info@hundredyearsgallery.com
http://www.hundredyearsgallery.com/whiteout/

Testo di Vittoria Biasi

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Ho conosciuto Jill Rock a Roma in occasione della sua mostra “jill rock @ studio.ra – psychogeographical wanderings in the caffarella – rome”, nel Parco della Caffarella, in maggio 2013. Sono stata affascinata dalla poetica di ricerca come incontro tra la sua arte e la natura. La sua opera nasce dall’osservazione delle forme di alberi, rami, frammenti di legno, sassi, oggetti abbandonati e rielaborati dall’erosione del mare, del vento esposti alla creatività dello sguardo e del gesto. La concezione rituale e primigenia dell’arte è compagna delle poetiche del bianco che in poesia, in architettura e in arte presiedono alla nascita e tracciano la soglia per il passaggio in modo altro dell’esistere. Sulla concezione del bianco come abito per un’altra cerimonia della vita o del suo oltre Jill Rock ha costruito il progetto di mostra Whiteout presso Hundred Years Gallery di Londra (5 dicembre 2013 – 5 Gennaio 2014).

“Sento Whiteout come l’ingresso in un mondo altro, mi dice Jill durante una conversazione mentre allestiamo la mostra, come la spaccatura in cui da una parte lasciamo andare il mondano, ciò che appartiene alla materia per entrare nel mondo della fantasia che ha riportato nello scorrere della vita una realtà più grande. Ho invitato artisti, musicisti, poeti e artisti di performance per rispondere alla parola Whiteout senza prevenzione o discussione per incontrare la ricchezza della diversità e l’impegno della visione artistica. Direi che siamo tutti creature di luce, che nel suo originale significato sanscrito era sinonimo di bianco. Forse, aggiunge Jill, in questo passaggio tra realtà e immaginazione può essere paragonato alla morte, al momento in cui abbandoniamo il corpo terreno per rientrare in quello dell’energia, dello spirito. Le sculture Ricorda la Danza che espongo nell’ Hundred Years Gallery risentono dell’influenza dei bassorilievi sui sarcofaghi romani che ho visto ad Afrodisia in Turchia.”

Per la mostra Whiteout Jill ha proposto una composizione di frammenti di tronchi che ha dipinto con il colore bianco esaltando e trasformando il linguaggio della natura in una danza ritmica, strutturata in movimenti armoniosi collegati tra loro. L’opera è una mise en lumière di ciò che esiste ed è nascosto o nell’abbandono. L’enigma del percorso creativo è all’interno del frammento di legno che l’artista espone con  un atto reverenziale verso il sacro vagante e diffuso. L’opera di Jill Rock mi fa pensare alla ricerca di Pinuccio Scioli che ha portato in arte la musica dei sassi accarezzati dal vento.

La bianca danza sciamanica stagliata sulle proprie ombre che, in una percezione capovolta, sembrano la realtà materica di passaggi fantastici, introduce un discorso sul bianco e sulle differenti interpretazioni che artisti, poeti e musicisti hanno cesellato con il proprio contributo.

Il progetto è un’esperienza creativa di partecipazione costante. L’Hundred Years Gallery è un luogo in cui i musicisti, gli artisti, gli uomini e i curiosi di cultura si incontrano con un particolare spirito di adesione: è un’esperienza underground, fervida che le nostre mostre bene hanno un po’ dimenticato e affidato ai centri sociali. Le diversità di abbigliamento e di pensiero sono accettate e rispettate nella società britannica. Basti ricordare Fluxus, i Punk, i Beatles, lo Speakers’ Corner nell’Hyde Park! Quella cultura è rimasta viva, aggregante. Whiteout è la testimonianza di un pensiero che si esprime oltre la galleria, il mercato e il pubblico di un certo tipo! Jill Rock è stata l’ideatrice con David Medalla della London Biennale, che ha coinvolto artisti, performer, musicisti di tutto il mondo. Nella mostra Whiteout tutti gli artisti hanno dato il loro contributo tracciando percorsi e concetti di bianco e di oltre ‘leggeri’ e legati alla propria esperienza nel rapporto con il quotidiano.
Anna Burel, Anna Sikorska, Edward Smith, Elizabet Chojak-mysko, Gerald Shepherd, Jaime Valtierra, Jo Roberts, Jo Wonder, Jolanta Jagiello, Li Williams, Lorraine Clarke, Mary Lemley, M Gallego, Mervyn Diese, Miyuki Kasahara, Nicky Scott-Francis, Noel Macken, Raffaella Losapio, Richard Cardew, Sally Scantlebury, Thomas Cardew, Valentina Colella, Vittoria Biasi, Wayne Chisnall partecipano interpretando Whiteout.

Per Valentina Colella è un viaggio dell’assenza fino alla visibilità intangibile del bianco del cielo virtuale. L’oggetto è il fulcro della rappresentazione del passaggio. In tal senso si possono porre in relazione le opere dell’artista Mary Lemley (forse) che My Life In Hackney Part 1 cataloga il trasloco e il trasferimento di un suo mondo da una condizione ad un’altra, riferiti con precisione maniacale come in una catalogazione di archivio. Dal grande oggetto, una figura poliedrica bianca di Jill, la danzatrice, cantante artista Jo Roberts interpreta la difficoltà dell’uscita dal corpo per conquistare la libertà del bianco, della sua energia. Il musicista Frederik Lecok ha composto la musica concreta catturando il suono della lavatrice e durante il periodo espositivo questi suoni saranno in concerto. L’ambiguità dell’out dal corpo è affrontata da Miyuki Kasahara con la scultura Ear, in cui il condotto uditivo è l’inizio e la fine di un percorso che attraversa il corpo del bianco. Wlayne Cisnall disegna raffinate anatomie seguendo una linea argentea, evanescente, che porta in sé l’idea della trasformazione per effetto della luce o dello spazio. Lorraine Clarke dà un volto alle forme racchiuse nei legni e le dispone tra loro come divinità. Soft Toy Tribute (dark Bulb) si può definire una trilogia di opere disposte in comunicazione ritmica, secondo un metalinguaggio che attraversa lingue e culture. Li Williams si confronta con la mitologia e la religione dello spazio. Una piccola ala, che forse nasconde l’altra, in Drawing On Resources To Enable Flight, è lo strumento per attraversare l’incanto dell’anima, in una concezione romantica. Con questo spirito Raffaella Losapio ha raccolto,  durante le sue passeggiate, conchiglie, pietre, oggetti vari abbandonati sulla riva della spiaggia o sui bordi della strada. Ha assemblato questo mondo a cui ha dato un’identità, una collocazione.
Nella mostra il rapporto con l’oggetto coinvolge lo spettatore in storie ricche di umanità, di partecipazione con l’altro, in un intreccio senza fine, in un andare fluido. Straordinario in tal senso il concerto dell’artista/clown Giles Laeman che ha fatto esprimere musicalmente gli oggetti, la sua scultura e tutte le sue cose racchiuse in un sacco. La ricerca sperimentale del suono prosegue con il contrabass, radios & found objects di Graham Mackeachan che ha formato il gruppo KMAT con Keisuke Matsui alla  guitar & electron ics, con Paul Shearsmith alla trumpet, trombone, baliphone, oxybells, con Catrinel Doran che utilizza la voice, melodica & found objects. L’anima della materia è suono ed è anche video. Il filmaker Robert Robertson filma il bianco della neve, del ghiaccio, dell’acqua esposti al moto perpetuo del vento, delle correnti. Il poeta Grassy Noelty ha ricercato le origini del bianco nelle diverse culture, costruendone un poema epico che ha recitato durante la serata dell’opening. Le differenti interpretazioni di Whiteout sono concezioni sul limite linguistico raggiunto espresso da ogni artista, cantante o musicista o poeta, dove il bianco è la legenda, l’eroico fantasma con cui l’arte si confronta da sempre. Durante il periodo espositivo vi è un ricco programma di incontri che documentano le differenti vie che conducono al bianco, come pensiero di origine o di conclusione, passaggio con cui le differenti espressività artistiche si confrontano. Richard Cardew interpreta il pensiero del bianco narrando alcuni passaggi dell’epopea di Gilgamesh, re di Uruk, e che dopo la morte del compagno parte alla ricerca del segreto dell’immortalità. La rievocazione del testo, scritto in caratteri cuneiformi e conservato nel British Museum di Londra, crea un forte legame tra le ricerche poetiche della contemporaneità e il passato, collocando il bianco nella storia perenne dell’uomo.

Vittoria Biasi

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For more info  http://www.hundredyearsgallery.com/

HundredYearsGallery (hundredyearsgal) su Twitter

Hundred Years Gallery:
https://www.facebook.com/hygallery

Jill Rock has invited artists, musicians, poets, writers and performers to explore their relationship to WHITE whether it be scientific, social, mythical, psychological, religious or aesthetic. Celebrating that split second of WHITEOUT – the imagination is accessed and the artist has the freedom to improvise. In times when all points of reference are being eroded things are known by their shadow – the whiter the white the darker the shadow. Wherever in the world, painting fragments of wood picked up off the ground, Jill Rock tackles the problem of the relationship between object and subject, working where nature, culture and art meet.

WHITE WORKS by:
Anna Burel, Anna Sikorska, Edward Smith, Elizabet Chojak-mysko, Gerald Shepherd, Jaime Valtierra, Jo Roberts, Jo Wonder, Jolanta Jagiello, Li Williams, Lorraine Clarke, Mary Lemley, M Gallego, Mervyn Diese, Miyuki Kasahara, Nicky Scott-Francis, Noel Macken, Raffaella Losapio, Richard Cardew, Sally Scantlebury, Thomas Cardew, Valentina Colella, Vittoria Biasi, Wayne Chisnall.

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The Author

Vittoria Biasi

Vittoria Biasi

Vittoria Biasi is a Contemporary Art Historian and an Art Critic. She is a
Contemporary Art History professor at Florence’s Academy of Fine Arts. After
her humanities graduation she concerned herself with the Theory of White
following Hubert Damish at Paris *Ecole des Haute Etude*. Close to artists who
interprets the monochromy of white she devoted herself to the theoretical criticism realizing
national and international shows and exhibitions with a particular attention to the Eastern culture.
She attends conferences as a lecturer about the white and its light. Among the others: Lumière(s)
En Usage, Pèrigueux 1998. From 1996 on to 2000 she realizes the events of Light of Art for
Art’s sake at Rome, Parma and Padoa. For Homo Sapiens (1) first she translated Henry
Meschonnic from French, publishing some excerpts from Modernité (2). Some other
publications: State of White (3); In Line with Light, Light for Light’s sake (4). She wrote for the
magazine Lighting. Through a text of her she is attending Fabrizio Crisafulli’s Theatre of Places.
The theatre as a place and the experience at Formia (1996-1998), **G.A.T.D*., Rome, 1998. She
looked after the exhibitions for the book of artist in Italy and abroad.

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