66|16, A CURA DI LORENZO BRUNI, GALLERIA ENRICO ASTUNI – BOLOGNA
GALLERIA ENRICO ASTUNI
Progetto speciale: Jonathan Monk
A cura di Lorenzo Bruni
Dal 29.01 al 15.05 2016 – Ongoing exhibition
con gli artisti: Marinus Boezem, Simone Forti, David Medalla, Maurizio Mochetti, Maurizio Nannucci, Malick Sidibé, Michael Snow, e altri.
Via Iacopo Barozzi, 3 – Bologna, 40126
info@galleriaastuni.net – www.galleriaastuni.net – +39 051 4211132
Testo di Vittoria Biasi – Art historian
I progetti artistici di Jonathan Monk attraversano passaggi storici di vite o di poetiche, quasi portando fuori dalle ceneri comportamenti, essenzialità, epiloghi. Il suo non è un discorso sulla memoria ma un procedimento di restituzione di dati oggettivi selezionati secondo la sua visione. Le ricostruzioni, immesse in un diverso contesto temporale, determinano situazioni indeterminate, attualizzano il tempo, annullano la scansione funzionale del passato, presente e futuro. L’installazione di Jonathan Monk costituita dalle parole “Ieri Oggi Domani Eccetera..”, sul frontale della galleria, introduce la poetica curatoriale, divenendone il contenitore.
Lorenzo Bruni, curatore della mostra, propone l’analisi del cinquantennio 1966-2016, non con il criterio espositivo tradizionale, ma come ricerca percettiva sui mutamenti. Il periodo definisce gli estremi del segmento lineare che ha rivoluzionato la concezione del tempo e della sua rappresentazione. La diffusione ha minato gli status sociali, temporali, evolutivi, mentali. Il tempo nella contemporaneità è governato dalla liquidità, dalla simultaneità tra reale e virtuale, tra lo scorrimento rapido dell’immagine di ciò che è stato e il racconto: è vissuto nello svuotamento progressivo di se stesso. Gli effetti del procedimento erano racchiusi nelle opere degli artisti delle neo avanguardie. La poetica della leggerezza di Italo Calvino forse è l’ultimo capitolo di una storia che annuncia la sua smaterializzazione. Il procedimento di decentralizzazione degli svolgimenti politici è l’altro volto dello stesso fenomeno che ha coinvolto ogni aspetto esistenziale e di conseguenza produttivo.
Lo spazio della galleria di Enrico Astuni, in Bologna, è diviso in due parti da una parete che riproduce la barra di separazione tra le due date e affronta il concetto di trasformazione, dei suoi effetti sulla concezione dell’opera d’arte. In tal senso la mostra è pensata come un work in progress tentando di raggiungere attraverso l’allestimento e la modalità espositiva l’idea contemporanea di smaterializzazione dell’opera nel tempo della liquidità sociale.
Il critico Bruni ha coinvolto gli artisti Marinus Boezem, Simone Forti, David Medalla, Maurizio Mochetti, Maurizio Nannucci, Michael Snow esponendo loro opere storiche del 1966 accanto a quelle del 2016.
David Medalla espone per la prima volta in Italia l’opera storica Cloud Canyons (Bubble machines auto-creative sculptures), 1963-1977. L’opera è una macchina creatrice di bolle di sapone, magnetica, con la centralità tecnologica produttrice d’infinite altre centralità mutando nel tempo la forma, la dimensione: in tal senso è imprendibile.
A Stitch In Time, (1968-2015) è un velo verde lungo cinque metri, iniziato a Mons in Belgio e su cui amici, visitatori hanno lasciato il segno del rapporto, della visione, incarnazione o dematerializzazione della possibilità dell’opera di trasmettere, di esserci.
Il velo rosa su cui il pubblico ricama o fissa oggetti è un work in progress della poetica di Medalla, del pensiero di mondi molteplici in relazione sottile, come monadi infinite.
La parola, il segno e l’oggetto hanno l’altra apparizione nelle performances di Simone Forti, che dagli anni ’60 ha rivelato le relazioni tra suono, movimenti e le arti plastiche. La performance art di Forti utilizza il suono di viti in metallo agitati in una pentola secondo un ritmo accompagnata un canto, da una recitazione che segue il corpo. Nel 1960 l’autore dichiara di sviluppare i suoi materiali seguendo tre percorsi tematici: movimenti animali, striscianti e circolari, quali vie per la conquista della consapevolezza.
I suoi water color on paper sembrano segni lasciati lungo un passaggio nel desiderio di esprimere la fuggevolezza o la mobilità della forma come nel video Flag in the water.
La spiritualità di Marinus Boezem edifica lo spazio piccolo o grande in una visione senza confini. L’artista olandese autore dell’opera di land art, Cattedrale verde in Almere, ha un grande legame con la visione naturalista, sociale di Joseph Beuys.
Nella galleria Astuni, l’artista espone opere in relazione con un’idea costruttivista: telai circolari, piccole superfici capaci di supportare un grande progetto, un’ampia concezione spaziale. Il ricamo è la scrittura analitica del disegno, rende visibile, fa vivere ogni passaggio del lavoro, racchiude il concetto di sgranatura o compattezza, che può comprendere solo chi sperimenta il rapporto con ago e filo.
Maurizio Mochetti espone Calotte del 1966 con linee che si estendono in modo trasversale attraversando lo spazio e Da Una Dimensione All’Altra, 2016, un modellino di aereo in fiberglass del 2016: due opere fisicamente tangibili che fanno da piccoli baluardi alla grande esperienza sulla luce, sul raggio laser da lui introdotto nei linguaggi dell’arte.
Le scritture di Maurizio Nannucci conoscono nel cinquantennio un differente modo di apparire, di essere, conservando il senso evocativo e scultoreo della parola scritta, del suo movimento. Dai testi con lettere in carattere stampatello, Nannucci conquista la fluidità del neon corsivo, sintetizzato in espressioni di lingua inglese, concettuale, per la particolarità della costruzione, ma anche di comunicazione diffusa. La partecipazione del pubblico, come presa di coscienza del percorso storico-sociale, è un aspetto rilevante nella progettazione espositiva di artisti che costruiscono la propria poetica come modo per comunicare, per essere in contatto con la realtà circostante per continuare il procedimento di osmosi.
Dall’ultimo decennio del precedente secolo si registra il progressivo bisogno dell’altro, del mondo.
La mostra documenta le trasformazioni formali di un gruppo di artisti rivelando che la porosità sociale contemporanea era stata annunciata dall’arte già con le neo avanguardie. Le performance di Simone Forti fanno da contrappunto alla comunicazione virtuale, aerea rimettendo in campo il corpo.
Vittoria Biasi
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