ESTENSIONI DEL BIANCO OVVERO COSMOGONIE DI MARIO COPPOLA – FONDAZIONE PLART
Estensioni del bianco
Ovvero
Cosmogonie di Mario Coppola
A cura di Angela Tecce
Fondazione Plart, Napoli
Testo di Vittoria Biasi – Art historian
La 14° giornata del Contemporaneo, in collaborazione con la fondazione Plart, è stata l’occasione per la mostra di Mario Coppola con opere site specific in dialogo con gli spazi del Museo.
La bianca figura di Dafne domina lo spazio, determinato la centralità dello spazio. Il fascio cromatico avvolgendosi su se stesso crea un’aura liberatoria che aspira a varcare le costrizioni ambientali, ad attraversare la volta, ad espandersi sullo spettatore, a coinvolgerlo.
La simbologia della figurazione ha chiaro riferimento al mito di Apollo e Dafne, interpretato da Bernini nel momento dinamico della trasformazione, e alle riflessioni sulla scultura di Boccioni, come in Forme uniche della continuità nello spazio.
“ Nella storia nessuno è solo” ha scritto Levy Strauss. I possibili riferimenti dell’opera appartengono all’esperienza teorica di Mario Coppola, che ha lavorato presso lo studio di Zaha Hadid, nella ricerca di una particolare concezione fluida dello spazio.
La Dafne di Mario Coppola è una danzatrice con il corpo forte e marziale, che, come scrive la curatrice Angela Tecce, ha le braccia simili a lame o ad armi acuminate, conservando dell’originaria Ninfa il colore latteo della pelle reso luminescente dal materiale plastico contemporaneo.
La realizzazione tecnologica e l’uso delle plastiche gratificano le opere e la ricerca di Mario Coppola nella logica espositiva del Museo.
La fondazione ha istituito un luogo polifunzionale, che dedicato alla ricerca scientifica e all’innovazione tecnologica per il recupero, il restauro e la conservazione delle opere d’arte e di design in materiale plastico, quale linguaggio specifico dalla storia affascinante che dalla seconda metà dell’Ottocento, ha fatto il suo ingresso nella società, in forme sempre più complesse o sintetiche.
L’opera di Dafne ha un lungo percorso di scomposizioni, date le dimensioni della scultura, e di adeguamento in parti compatibili con il modello di stampante 3D usata.
Per stampare Coppola utilizza il PLA (che è un acido polittico), cioè amido di mais. Angela Tecce riferisce che si tratta di un materiale riciclato, imperfetto, con sfumature di bianco diverse a seconda della provenienza, che denuncia già nella diversità di colore la promiscuità originaria. Ci sono le rifiniture, le giunture, le stuccature fatte a mano per cui l’opera, dice Coppola, è il frutto della macchina e delle mani. L’artista è affascinato dall’idea della fusione che è il filo conduttore della poetica come metodo di realizzazione delle opere e come interpretazione dei personaggi o delle figure.
Dafne non è soltanto la ninfa, ma anche una macchina, una pianta. Questa ibridazione che ha una storia oggi si colloca come post human. Per l’artista introduce domande “pesanti”, riflessioni sulle differenze, che lo stesso definisce solo apparenti, tra le cose: “un essere vivente in fondo non è solo una macchina desiderante? E quali significati assumeranno le parole dignità, umanità, coscienza?”.
Vittoria Biasi
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