I 70 ANNI DELLA MAGNUM PHOTOS AL MUSEO ARA PACIS – ROMA
I 70 anni della Magnum Photos in mostra al Museo dell’Ara Pacis
Dal 7 febbraio al 3 giugno 2018 le celebri immagini e gli storici reportage della più grande agenzia fotogiornalistica internazionale
Roma, 6 febbraio 2018 – Arriva a Roma, nella sua prima tappa europea e unica italiana, la mostra Magnum Manifesto, che sarà ospitata dal Museo dell’Ara Pacis dal 7 febbraio al 3 giugno 2018.
L’esposizione, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, proposta da Contrasto e Magnum Photos 70 e organizzata in collaborazione con Zètema Progetto Cultura, ha cominciato il suo tour globale nel giugno 2017 all’International Center for Photography di New York. L’intento è quello di celebrare il settantesimo anniversario della più grande agenzia fotogiornalistica del mondo, Magnum Photos, creata da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, George Rodger e David Seymour nell’aprile del 1947. Da quel giorno, la Magnum Photos è diventata un riferimento nel tempo sempre più importante per la documentazione e per il fotogiornalismo. Gli autori di Magnum hanno documentato guerre, testimoniato le tensioni sociali, interpretato il nostro tempo, ritratto tanto le persone comuni quanto i grandi della terra, preconizzato i nuovi drammi del futuro.
La mostra raccoglie parte del lavoro realizzato in tutti questi anni e getta uno sguardo nuovo e approfondito sulla storia e sull’archivio dell’Agenzia.
Le immagini celebri e i grandi reportage dei suoi autori permettono di comprendere in che modo e per quale motivo Magnum sia diventata diversa, unica e leggendaria. Dal reportage sui lavoratori immigrati negli USA, realizzato da Eve Arnold negli anni Cinquanta, ai ritratti di “famiglia”, teneri e intimi, di Elliott Erwitt; dalle celebri immagini degli zingari di Josef Koudelka, fino alla toccante serie realizzata nel 1968 da Paul Fusco sul “Funeral Train”, il treno che trasportò la salma di Robert Kennedy nel suo ultimo viaggio verso il cimitero di Arlington, attraversando un’America sconvolta e dolente. E ancora, le serie più recenti dei nuovi autori di Magnum: dalla “Spagna Occulta” di Cristina Garcia Rodero, alle osservazioni antropologiche, sotto forma di fotografie, realizzate nel mondo da Martin Parr; dalla cruda attualità del Sud America documentato da Jérôme Sessini, fino al Mar Mediterraneo, tenebroso e incerto nelle notti dei migranti, fotografato da Paolo Pellegrin.
Il curatore, Clément Chéroux – direttore della fotografia al MoMA di San Francisco e già curatore della grande retrospettiva dedicata a Cartier-Bresson realizzata dal Centre Pompidou e ospitata a Roma proprio al Museo dell’Ara Pacis – ha selezionato una serie di documenti rari e inediti, immagini di grande valore storico e nuove realizzazioni, per illustrare come Magnum Photos debba la sua eccellenza alla capacità dei fotografi di fondere arte e giornalismo, creazione personale e testimonianza del reale, verificando come il “fattore Magnum” continui a esistere e a rinnovare continuamente il proprio stile.
Il percorso espositivo è suddiviso in tre sezioni: la prima scruta l’archivio di Magnum attraverso una lente umanista e si concentra sugli ideali di libertà, uguaglianza, partecipazione e universalismo che emersero dopo la seconda guerra mondiale; la seconda mostra la frammentazione del mondo tra gli anni Settanta e Novanta del Novecento, con uno sguardo particolare rivolto alle minoranze e agli esclusi; la terza, infine, segue le diverse forme espressive grazie alle quali i fotografi Magnum hanno colto i mutamenti del mondo e i pericoli che lo minacciano.
Oltre a raccogliere i progetti individuali e collettivi realizzati nel corso degli anni, la mostra presenta anche proiezioni, copertine di riviste, articoli di giornali, libri realizzati nel corso del tempo, mostrando il contesto originale in cui molte delle fotografie sono state concepite.
La mostra è accompagnata da un libro edito da Contrasto.
Magnum è un gruppo di fotogiornalisti eccezionali che viaggiano in tutto il mondo per fotografare avvenimenti storici. Inge Bondi
Magnum è un’organizzazione tenuta insieme da un’intangibile colla di sogni e speranze. Wayne Miller
Magnum è un paradosso. John G. Morris
Magnum è una specie di miracolo fin dalla sua nascita. David Seymour
Magnum è la fotografia. Henri Cartier-Bresson
Responsabile Ufficio stampa e Comunicazione Contrasto
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CHE COS’È MAGNUM?
Una cooperativa di celebri fotografi, creata a Parigi e a New York nel 1947; un modello economico innovativo, che permetteva ai suoi membri di diventare proprietari delle immagini, un luogo di dibattito per approcci diversi e contrastanti. Per i settant’anni di Magnum sarebbe stato allettante raccogliere le immagini che raffigurassero la vita dell’agenzia. Ma non avrebbe fatto altro che avvalorare la superficialità del mito.
La storia è senza dubbio il miglior antidoto al mito. Per il progetto, era necessario che questa storia poggiasse certo su immagini, ma anche su parole. Perché il testo occupa in Magnum Photos un posto fondamentale. Dopo le prime conversazioni, è attraverso gli scambi epistolari che lo spirito dell’agenzia si è forgiato. Sono stati poi i contratti e gli appunti che hanno permesso di affinarlo o trasformarlo. Insomma, in Magnum la parola è di casa. Abbiamo rintracciato testi, interviste, lettere, appunti o racconti dei membri nei quali si tentava di definire lo spirito collettivo. Ecco il motivo del titolo Magnum Manifesto. Questi diversi documenti hanno l’ambizione di mostrare quali siano state le posizioni, etiche ed estetiche, dei fotografi dell’agenzia.
La storia dell’arte ha dimostrato che le opere hanno spesso due autori: l’artista e il suo contesto. Ed è vero anche per Magnum. Era quindi necessario accostare lo studio cronologico e tematico della cooperativa a quello delle grandi questioni che hanno segnato la seconda metà del Novecento e i primi anni Duemila: proponiamo quindi una storia incrociata. Insieme, i membri di Magnum hanno contribuito a dare forma alle evoluzioni culturali con il loro sguardo impegnato, ironico, critico e originale.
Questa mostra si spinge al di là del mito e inserisce l’agenzia in un contesto storico più ampio, grazie a un dettagliato lavoro di documentazione. I diversi orientamenti e approcci sviluppati nel corso degli anni sono presentati attraverso tre periodi principali:
PARTE PRIMA 1947-1968: Diritti e rovesci umani
PARTE SECONDA 1969-1989: Un inventario di differenze
PARTE TERZA 1990-2017: Storie della fine
La sezione finale, “Magnum è … “, accompagnata da una scelta della corrispondenza epistolare tra i membri dell’agenzia, dà voce ai fotografi e al personale dell’agenzia per tentare di definire il multiforme “Spirito Magnum”, plasmato dalle parole tanto quanto dalle immagini.
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PARTE I: 1947 – 1968
Diritti e rovesci umani
Nei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale si assiste a un radicale riassetto dello scenario geopolitico: la decolonizzazione, la progressiva affermazione degli Stati Uniti e dell’URSS come superpotenze, l’inizio della Guerra Fredda…
È nel contesto di questa tumultuosa ricostruzione che emerge una nuova forma di umanesimo, che si manifesta principalmente nel crescente numero di organismi di cooperazione internazionale come la NATO, il Fondo Monetario Internazionale e l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Nel 1948 l’ONU approva la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Stilato tra il 1946 e il 1948 – proprio negli anni in cui è fondata Magnum Photos – il documento proclama i medesimi valori di libertà, uguaglianza e dignità difesi dai membri dell’agenzia, tanto che non è raro ritrovare, nei molti testi che i fotografi scrissero all’epoca, le stesse parole utilizzate nella Dichiarazione Universale. Negli anni Cinquanta e Sessanta, gran parte dei loro progetti fotografici, individuali o collettivi, sono rivolti alla difesa del concetto di universalità e alla denuncia di qualunque tentativo di negarla.
PARTE II: 1969 – 1989
Un inventario di diversità
Dopo le rivolte studentesche del 1968, gli anni Settanta sono caratterizzati da un edonismo generalizzato che culminerà nell’individualismo consumista degli anni Ottanta. In questi anni, i fotografi Magnum si ritrovano impegnati, più che in passato, in incarichi corporate e pubblicitari. Nel frattempo, però, si dedicano più a lungo anche a progetti personali, che spesso approdano alla pubblicazione di volumi che non sono solo raccolte di immagini, ma opere con una forte impronta autoriale. Nel corso di questi due decenni, il soggetto preferito dei fotografi dell’agenzia è la figura dell’altro: l’“alieno”, il “selvaggio”, il “malato”, il “folle”, l’“emarginato”. I fotografi si concentrano su quello che lo storico francese Paul Veyne chiama “l’inventario delle diversità”. Finora, hanno sempre ricercato le somiglianze tra esseri teoricamente uguali. Ora sono più interessati alle dissomiglianze. Tale attrazione per l’alterità continua a iscriversi in una ricerca dell’universalismo, che d’ora in avanti, però, si declinerà in un sottofondo implicito.
PARTE III: 1990 – 2017
storie della fine
Dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, negli anni Novanta e Duemila si assiste alla dissoluzione del comunismo. Favorito dallo sviluppo delle tecnologie digitali, un capitalismo disinibito trionfa in tutto il pianeta, e la globalizzazione si impone ovunque. All’interno di Magnum, questo fenomeno si traduce in un’espansione “culturale”, con un sostanziale aumento delle mostre e delle pubblicazioni. I fotografi “artisti”, finora in minoranza, assumono sempre più rilievo. Nel 1989, l’accademico statunitense Francis Fukuyama pubblica l’articolo “The End of History?”, un saggio controverso che enuncia il concetto di “fine della storia” come conclusione dello sviluppo socioculturale dell’umanità. Se il modernismo osservava tutto attraverso il prisma della novità, il postmodernismo sembra incapace di concepire qualsiasi cosa senza che ne sia stata prima decretata la fine. In questi due decenni, molti membri dell’agenzia si dedicano a fotografare tutto ciò che sembra stia per scomparire: il comunismo, le tecniche di pesca tradizionali, il Concorde, e persino la fotografia, con la chiusura delle fabbriche Kodak, documentata nell’ambito del progetto collettivo “Postcards from America”.
Photo: Jonas Bendiksen: Abitanti di un paese nel Territorio dell’Altaj raccolgono i rottami di una navicella spaziale precipitata, circondati da migliaia di farfalle. Russia, 2000.
© Jonas Bendiksen/Magnum Photos/Contrasto
Jonas Bendiksen. RUSSIA. Altai Territory. 2000. Villagers collecting scrap from a crashed spacecraft, surrounded by thousands of white butterflies. Environmentalists fear for the region’s future due to the toxic rocket fuel.
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