DALL’ESPRESSIONISMO TEDESCO ALLA NUOVA OGGETTIVITA’ – SOLARES FONDAZIONE DELLE ARTI – PARMA
Dall’espressionismo tedesco alla nuova oggettività. Avanguardie in Germania
A cura di Lorand Hegyi e Gerhard Finckh
Evento espositivo organizzato da Solares Fondazione delle Arti
in collaborazione con il Von Der Heydt Museum di Wuppertal
contributo del Comune di Parma
sostegno di Iren e di CePIM – Interporto Parma.
Dal 10 Novembre al 24 Febbraio 2019
Testo di Vittoria Biasi – Storica dell’Arte
Tra le celebrazioni che attraversano il 2018 vi è il centenario per la fine della prima guerra mondiale. Lo sguardo sull’orizzonte del tempo pone gli eventi bellici accanto ai processi di mutamenti estetici che costellano i primi decenni del ‘900 rivelandone contraddizioni, ’rivoluzioni’ linguistiche, rivendicazioni, appelli a forze personali, documentate nella mostra Dall’espressionismo tedesco alla nuova oggettività. Avanguardie in Germania (Palazzo del Governatore, Parma 10 novembre 2018- 24 febbraio 2019). L’esposizione propone opere dei maggiori rappresentanti delle trasformazioni, sviluppatosi in Germania nei primi del Novecento, da Ernest Ludwig Kirchner a Emil Nolde, da Alexei Jawlensky ad August Macke, da Vassilj Kandinskij a Franz Marc.
I lavori provengono dal Van der Heydt-Museum di Wuppertal, che ospita una delle più imponenti collezioni dell’Espressionismo tedesco e delle tendenze artistiche affermatesi dopo la fine della prima guerra mondiale.
La mostra è suddivisa in sezioni. Nella prima i curatori Lorand Hegyi si soffermano sugli artisti Ernst Ludwig Kirchner, Erich Heckel, Otto Mueller, Emil Nolde, Karl Schmidt-Rottluf, Max Pechstein, che, guidati da Herman Obrist, sono i fondatori del movimento Die Brücke, istituito a Dresda nel 1905 insieme anche a Fritz Bleyl. Gli artisti del movimento sono accomunati da una concezione dell’arte e della luce rivolta quasi a raggiungere le tensioni forti che agitano le profondità dell’animo e che traducono nelle atmosfere oscure esaltanti i toni accesi della pittura. Le percezioni espressive dei Die Brücke sono legate ad una lettura della condizione socio-politica vista con l’occhio esasperato della realtà quasi ad annunciare gli eventi disastrosi a venire. In tal senso l’espressionismo, per alcuni aspetti, non si può inscrivere tra i movimenti d’avanguardia. Il loro pensiero è vicino allo spirito di Kafka, di Ernest Bloch, di Brecht, di Musil. La ricerca e il lavoro sull’individualità li allontana dall’avanguardia e li avvicina, secondo Benjamin, ad una storia primitiva della modernità. In tal senso è possibile scorgere un punto di congiunzione tra l’espressionismo e il surrealismo. L’acuirsi delle divergenze artistiche porta il gruppo a sciogliersi nel 1913 dopo il trasferimento di Kirchner a Berlino nel 1911. I singoli membri avevano ormai maturato espressività proprie che mal tolleravano le limitazioni dell’attività di gruppo.
Nella prima sezione della mostra sono presenti anche le opere del gruppo artistico di Monaco del Der Blaue Reiter (Il Cavaliere azzurro) formato dal fondatore Vassily Kandinskij e da Franz Marc, con Alexei Jawlensky e August Macke collaboratore della rivista Der Sturm, che aveva base a Berlino ed era stata fondata nel 1910 da Herwarth Walden con autori quali Heinrich M. Davringhausen, Max Beckmann, Carl Grossberg. La natura di Kandisky è differente. Il suo percorso lo impegna nello studio della tensione racchiusa nella forma, che è manifestazione significante di realtà. Le riflessioni sono raccolte nel saggio Ueber das Geistige in der Kunst [Della spiritualità nell’arte] e successivamente in Punto, Linea, Superficie del 1926.
La Prima Guerra Mondiale guerra mondiale ha portato una devastazione che, superando divisioni storiche e geografiche, è annunciata dai cieli insanguinati di L’urlo di Munch (1893).
La seconda parte della mostra è dedicata alla Nuova Oggettività (Neue Sachlichkeit), movimento verso cui si orientano i mutamenti espressivi degli artisti per effetto dell’allontanamento da una realtà pesante, dolorosa, presentata nel suo fallimento. Il progetto espositivo ‘allinea’ la ricchezza di suggestioni e i cambiamenti estetici del primo dopoguerra che si identificano con tendenze verso forme diversificate di Realismo volte a cogliere le figurazioni della nuova società. Il nome del movimento è coniato in occasione della mostra del 1925 presso il Kunstalle di Mannhein da Friedrich Hartlaub, direttore dello stesso museo. Partecipano all’esposizione Max Beckmann, Otto Dix, George Grosz, Alexander Kandolt, Carlo Mense, Key N. Nebel, Georg Scholz e Georg Schrimpf. Friedrich Hartlaub e altri critici distinguono due correnti nella Nuova Oggettività: una di destra, di carattere neo-classico sul percorso di Picasso e l’altra di sinistra, costituita dai veristi come Max Beckmann, Otto Dix, George Grosz presenti nella mostra accanto a Karl Schmidt-Rottluff cofondatore del gruppo Die Brücke e sensibile all’arte di Munch.
La Nuova Oggettività, quasi in dialogo con altri correnti come il nuovo Razionalismo e Funzionalismo o come la “Pittura Metafisica” o i Valori plastici e il Neo-Classicismo del cosiddetto “Ritorno all’ordine”, elabora una nuova atmosfera creativa con la rappresentazione di alcune condizioni sociali, accettate nel fallimento o nell’incapacità rivoluzionaria. Un esempio sono le opere di Karl Hofer oppure la riproduzione dei sistemi meccanici della vita moderna, della civiltà urbana, del paesaggio industriale e dell’alienazione nella società di massa come si può vedere nelle opere grafiche e in quelle di Karl Hofer, Eberhard Viegener, Otto Dix, Max Ernst, Jankel Adler. L’avvento del nazismo determina la fine della Repubblica di Weimar e l’avversione verso la Nuova Oggettività, definita arte degenerata. Di conseguenza molti artisti, come Jankel Adler, dopo una resistenza celebrata attraverso l’arte e le mostre, decidono di allontanarsi dalla Germania e di emigrare verso altri paesi o negli Stati Uniti.
L’espressionismo tedesco segna un tempo storico in cui più personaggi, critici, storici, artisti, letterati rivendicano valori come il pacifismo internazionalista. Il focus del movimento è nell’obiettivo della loro ricerca: arrivare all’essenza, all’intensità non alla rappresentazione. E questo è porre il soggetto in relazione al suo pensiero, profondo, vero, scardinato dal senso ordinario della vita. La poetica del futurismo, al contrario, come fa notare Henri Meschonnic in Modernité Modernité (Folio/Essais 1993), è fondata sull’immagine e Marinetti opera sul piano della sintassi, della sonorità, della forma. La Nuova Oggettività non si affaccia agli inizi del XX secolo come una Venere che nasce dalla spuma delle onde. La sua nascita viene dalle tenebre dell’irrisolto dei secoli precedenti e i nuovi miti sono gloriosi in rapporto alla possibilità di sfida verso il passato. Le linee pittoriche e i cromatismi di Oskar Kokoschka rivelano l’inquietudine tra la coscienza storica e l’impotenza di un cambiamento: la vitalità, l’esultanza della vita è costretta nell’impossibilità di realizzarsi pienamente. Tutto diviene come un respiro fermato nel momento di coinvolgere la totalità del corpo, quasi a rammentare che vita e morte camminano insieme. La regia della luce accompagna questa lettura delle opere: piccoli fasci luminosi scendono obliquamente sulla superficie diffondendo nelle sale il riflesso dei sentimenti, dei colori degli artisti, delle aspirazioni e delle sofferenze di un secolo. La poesia e la drammaticità del movimento ha un punto culminante nella poetica di Franz Marc (19880-1916) che, mentre è al fronte della Prima Guerra Mondiale, dove muore, scrive di un pensiero solitario, posato come una farfalla nel cavo della mano, già vissuto da altri che uomini che possedevano la seconda vista e amavano l’astratto.
Ciò su cui riflette Franz Marc si collega all’astrazione degli artisti tribali che vogliono intercettare l’energia altra, espressione della Modernità e per licenziare il mondo della Vecchia Europa, che Freud aiutava ad esaminare in modo critico scuotendone i sistemi basilari. L’impegno verso il soffio di una nuova vita artistica libera le espressioni, la ricerca, i percorsi del mondo interiore di cui Wassily Kandinsky diviene interprete pubblicando Lo Spirituale nell’Arte nel 1912. Già nel 1911, Kandinsky e Franz Marc avevano fondato il secondo gruppo di artisti dell’Espressionismo: “Der Blaue Reiter”, con l’adesione di numerosi artisti internazionali del nuovo movimento.
Gli artisti sono sollecitati da filosofie critiche verso le tradizionali teorie sulla prospettiva, espressione di una società fondata su regole estranee alla vita e al sentimento dell’uomo. L’incontro di Kandinsky con il cubo-futurismo russo, con Malevič è un’occasione di confronto sulle nuove espressività sorrette da ricerche altre poggianti sulle filosofie di Friedrich Nietzsche, Henri Bergson fino a Walt Whitmann, Rudolf Steiner. In questi anni lo sguardo sul mondo, sull’uomo è di dialogo e distanza, per difesa interiore per non morire con la carne storicamente lacera. Il nuovo mondo aleggia sulle macerie di cui porta il segno guardando verso il cielo o verso il cosmo, come nelle filosofie suprematiste: in tal senso privilegia l’Io e spinge la visione personale fino alla deformazione, alla scarnificazione espressiva. È questo il passaggio rappresentativo della modernità varcato dall’Espressionismo tedesco: il valore del movimento e la sua eccezionalità non è nella composizione formale, ma nella specificità della visione dell’animo verso il limite del sostenibile.
By Vittoria Biasi
Roma, novembre 2018
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