LA FILOSOFIA COSMICA – BRUNO MUNARI – FONDAZIONE PLART
La filosofia cosmica
Ovvero
I colori della luce di Bruno Munari
Testo di Vittoria Biasi – Storica dell’arte
Mostra di BRUNO MUNARI. I colori della luce
a cura di Miroslava Hajek e Marcello Francolini
FONDAZIONE PLART
Via Giuseppe Martucci 48, Napoli
30 novembre 2018 – 20 marzo 2019
Inaugurazione giovedì 29 novembre 2018 ore 19:00
La Fondazione Plart è una struttura espositiva, polifunzionale, sorta a Napoli per la sperimentazione dei materiali polimerici.
Un accordo tra la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, nell’edizione 2018 di Progetto XXI, e il Plart si propone di analizzare e avviare riflessioni sull’eredità di pratiche artistiche che hanno creato metodologie espressive ampliando i domini di applicazione.
La collaborazione tra le due Fondazioni ha permesso di approfondire nuove linee di ricerca, esplorando le relazioni fra arte, architettura e design con l’obiettivo di avviare progetti museali in grado di attraversare rapporti tra le diverse specificità e trascriverle in una visione diversamente composta. Inoltre le due istituzioni, con una pluralità di soggetti di eccellenza, desiderano affrontare riflessioni sistematiche legate alle tematiche del restauro nelle arti contemporanee, dei nuovi materiali e a supportare l’affermazione delle professionalità ad esse connesse.
In tal senso, la mostra Bruno Munari. I colori della luce, a cura di Miroslava Hajek e Marcello Francolini, è focalizzata sulle Proiezioni a luce fissa e Proiezioni a luce polarizzata che l’artista realizza all’inizio della seconda metà del Novecento.
Munari nasce a Milano nel 1907 e in qualità di designer, scrittore, artista attraversa il secolo anticipando, percependo, esplorando e partecipando al dinamismo che alcuni movimenti hanno portato nell’arte. L’uso della proiezione per l’artista introduce la smaterializzazione e l’estensione dell’opera verso una dimensione spaziale, aerea, dai confini dilatati. Il passaggio importante è stato nella proiezione del colore, che è divenuto un dipingere con la luce. Le opere costitute da un collage di diversi materiali assemblati creativamente tra plastiche colorate divenivano diapositive che l’artista proiettava all’interno degli ambienti o sulle facciate. Potrei ricordare Fabio Mauri quando raccontava che sull’onda di queste sperimentazioni aveva proiettato alcune scene di un bacio sulla scalinata prospiciente la Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma! Da questi esperimenti sono nati festivals di opere multivisive, coordinate su un numero notevole di proiettori che sincronizzati offrivano un lavoro unitario.
Con le Proiezioni a luce polarizzata l’artista sperimenta la scomposizione della luce attraverso la lente Polaroid. Utilizzando le slides e un filtro polarizzato, movibile, applicato al proiettore per diapositive, Munari ottiene le Proiezioni Polarizzate, realizzando l’utopia del dinamismo pittorico del futurismo. Le opere di luce ottenute dalle diverse strategie operative sono presentate per la prima volta nel 1953 a Milano nello studio di architettura B24, che in quegli anni era uno spazio espositivo del MAC- Movimento per l’arte concreta. Nel 1955 queste sono presentate al MOMA di New York con il titolo Munari’s Slides e poi alla Galleria Nazionale d’arte Moderna di Roma e infine a Tokyo, Stoccolma, Anversa, Zurigo, Amsterdam.
La mostra espone molte opere denominate appunto Vetrini a luce polarizzata (1953), in cui disegni, linee, increspature di possibili superfici possono esprimersi in modo autonomo senza riflettersi l’un l’altro.
La Fondazione Plart ha comunicato di aver potuto presentare per la prima volta a Napoli la particolare sezione delle Proiezioni e dei Vetrini di Bruno Munari grazie ad un accurato lavoro scientifico di digitalizzazione.
La Fondazione Plart ha potuto realizzare una sua importante finalità istituzionale restaurando le prime opere – proiezioni appartenenti agli ’50 e le seconde al ’53. La precarietà dei materiali usati ha reso indispensabile il lavoro per sottrarlo all’inevitabile deperimento e scomparsa e per far conoscere il rapporto tra arte e tecnologia, che affacciatosi agli inizi del ‘900 con Laszlò Moholy Nagy, incontra nella ricerca di Munari accanto a quella del pittore e grafico Luigi Veronesi, un’applicazione determinante per gli sviluppi successivi.
La composizione espositiva consente di leggere una filologia storica, gli approdi successivi dell’arte che dalle proiezioni, dalla scomposizione del fascio di luce approda all’arte cinetica francese, all’arte programmata italiana fino alle successive applicazioni installative di video arte e ogni possibile estensione tecnologica.
I curatori Miroslava Hajek e Marcello Francolini hanno impaginato la mostra nel rispetto della logica creativa di Bruno Munari e della sua centralità nel percorso artistico non solo europeo. Tra le opere esposte Macchina Inutile (1934), costruita con apparente senso ludico, coniuga l’energia termica delle onde luminose con quelle sonore, riconoscendo nello stato concavo/convesso, rappresentato corteccia della zucca, disidratata, essiccata, la presenza in natura di una forma similare a quella della terza couche del sistema visivo in cui avviene l’elaborazione cromatica della luce. Lo studio dei materiali, delle forme è evocazione di un pensiero più ampio, in cui l’oggetto, anche quotidiano, coinvolge la percezione di una filosofia cosmica.
by Vittoria Biasi (dicembre 2018)
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