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KLIMT. LA SECESSIONE E L’ITALIA. LA SECESSIONE E LE NUOVE VIE DELLA PITTURA

Klimt. La Secessione e l’Italia
La Secessione e le nuove vie della pittura
dal 27 ottobre 2021 e fino al 27 marzo 2022
Museo di Roma a Palazzo Braschi

Testo di Vittoria Biasi

Il museo Belvedere di Vienna ha raccolto la più grande collezione di dipinti di Gustav Klimt e si adopera per diffondere la conoscenza dell’artista organizzando e sostenendo mostre, anche con la collaborazione della Klimt Foundation, come “Klimt. La Secessione e l’Italia” presso il Museo di Roma a Palazzo Braschi. L’esposizione su Gustav Klimt propone il percorso artistico dell’artista, cofondatore della Secessione viennese, e rivelandone le sensibilità verso l’arte italiana, raccontando dei viaggi, delle mostre tra Venezia e Roma, dei rapporti con gli artisti italiani e anche stranieri nel periodo di grandi trasformazioni filosofiche e espressive, che raggiunge l’apice tra il 1880 e il 1920, come documenta lo studio di Jean Clay del 1975 edito da Libraire Hachette. Lo storico paragona l’effervescenza dei vari movimenti a quella del Rinascimento fiorentino. I pittori, interpreti delle suggestioni del tempo, si impegnano ad entrare nel tessuto cromatico senza mai ricoprire o annullare i modelli di ispirazione. Per Jean Clay di conseguenza accade che nella storia dell’arte moderna si affermano il processo di materializzazione della pittura e il superamento dell’illusionismo. I procedimenti aprono nuovi spazi nel percorso pittorico annunciato da manifesti, studi, scritti critico-teorici, approfonditi dai movimenti del secondo Novecento. 

Il ritorno a Roma di Klimt, a poco più di un secolo dalla sua morte, avvenuta nel 1918, è un evento particolare per il legame dell’artista con la cultura, la luce, l’arte dell’Italia, di Roma. La mostra rievoca le partecipazioni dell’artista alle Biennale d’arte di Venezia nel 1899 e nel 1910, e alla grande Esposizione internazionale tenutasi a Roma nel 1911, nel padiglione austriaco progettato da Josef Hoffmann, con la presentazione di otto dipinti, tra cui Le tre età, che sarà acquistato dalla Galleria nazionale d’arte moderna a Roma l’anno seguente. Nella Biennale di Venezia del 1910 Klimt espone Giuditta II che sarà acquistata lo stesso anno dalla Galleria internazionale d’arte moderna di Ca’ Pesaro. Maria Vittoria Marini Clarelli nel contributo dal titolo La “visione musiva” di Klimt informa che l’artista presenta in Italia, tra il 1910 e il 1911, opere di ampia visione e dialogo con la ricerca creativa di pittori italiani come Vittorio Zecchin, Felice Casorati, Galileo Chini. In tal senso è splendente l’esposizione delle opere del 1914 degli artisti italiani Vittorio Zecchin con Corteo delle principesse e Principesse nel giardino, di Felice Casorati con La preghiera, e con la Danzatrice Monn (1914) di Galileo Chini, con soddisfazione della nipote Paola Chini che ha molto amato il nonno impegnando la sua vita a mantenerne vivo il valore. Nel 1911 Galileo Chini partiva per il Siam invitato dal Re Rama V per decorare l’interno della sala del Trono di Bangkok nel nuovo palazzo reale. Il Re Rama V aveva apprezzato gli affreschi nella sala della Cupola nella Biennale di Venezia, rappresentanti i periodi più solenni della civiltà e dell’arte (1909). 

Gustav Klimt, Amalie Zuckerkandl, 1917-1918 Olio su tela, 128×128 cm, Belvedere, Vienna
© Belvedere, Vienna, Photo: Johannes Stoll

La mostra “Klimt. La Secessione e l’Italia” pone al confronto la ricerca di Klimt con le opere di pittori europei e italiani. Il percorso è suddiviso in sezioni, in cui convergono le esperienze, le relazioni che connotano la vita del pittore, cui si aggiungono il focus su Ritratto di Signora, opera ritrovata in modo particolare dopo un furto epico, e quello su Quadri delle Facoltà – La Medicina, La Giurisprudenza e La Filosofia – ricostruiti attraverso fotografie, ritagli di giornali e altre documenti, con la collaborazione tra Google Arts & Culture Lab Team e il Belvedere Museum di Vienna. Il curatore della mostra, Franz Smola, tra i maggiori esperti di Klimt, ha recuperato le descrizioni dei tre dipinti compilate da studiosi e giornalisti del tempo. Lo storico ha confrontato il materiale raccolto con le colorazioni utilizzate da Klimt nei dipinti realizzati nello periodo di Quadri delle Facoltà.  Emil Wallner, programmatore creativo per Google Arts & Culture, ha programmato un algoritmo di Machine Learning (un sottoinsieme dell’Intelligenza Artificiale) per creare un modello statistico di texture, motivi e colori di ciò che rimaneva dei Quadri delle Facoltà da collegare alle testimonianze raccolte, presumendo di restituire ai Quadri delle Facoltà i colori originali, secondo le logiche di onnipotenza tecnologica. 

La mostra si apre e si conclude con l’immagine della sposa concepita come riflessione sensuale sulla figura femminile e sulla scoperta delle sue prospettive erotiche. La prima opera esposta è Marie Kerner von Marilaun in abito da sposa (1891-92), in cui il volto della fanciulla ha la luce delicata del pudore, dominato dal trionfo del bianco, del tessuto, del velo, dei fiori disposti in ghirlande. Tra le ultime opere in mostra vi sono: La sposa (1917-1918), capolavoro incompiuto, in cui superficie è ricoperta da corpi nudi sensuali nei movimenti, nei colori attorno e galleggianti accanto alla “sposa” immersa, da un lato, nel blu centrale del suo abito e dall’altro nel disegno preliminare a gesso in cui sfuma il sogno;  Ritratto di Signora (1916-17), opera trafugata dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza nel 1997 e recuperata nel 2019. Il ritratto è posto in relazione con Ritratto di signora in bianco (1917-1918), ultima opera di Klimt in cui la levità pittorica è turbata dal ghigno delle labbra e dalla superficie oscura che, seguendo la linea obliqua, definisce le spalle della signora in bianco.

L’arte di Klimt è legata al ritratto in prevalenza femminile e le sue figure sono il risultato di studi, di disegni realizzati a matita per raggiungere l’espressività profonda, magnetica o eccitante del segno, come Signora in piedi, con stola e abito da ballo, studio per il ritratto di Hermine Gallia 1903 -1904, Signora seduta sul divano, studio per il ritratto di Sonja Knips 1898, Signora in piedi in posizione frontale, con stola e abito da ballo, studio per il ritratto di Margarethe Constance Lieser 1917.
Attenzione particolare merita Ritratto di Adele Bloch-Bauer 1907 con cui la mostra introduce il rapporto di Gustav Klimt con la pittura dorata dei preraffaelliti, di Dante Gabriele Rossetti, con le suggestioni dei mosaici bizantini, delle luci veneziane, e su cui l’artista pone l’elegante distanza della figura femminile, del suo sguardo.
I personaggi della ritrattistica di Klimt appartengono all’aristocrazia viennese come le famiglie Wittgenstein, Bloch-Bauer, Lederer o Primavesi. Molti provengono dall’élite intellettuale, come i Zuckerkandl. Il chirurgo e urologo Otto Zuckerkandl commissionò a Klimt un ritratto della moglie Amalie Schlesinger. Franz Smola definisce i ritratti di Klimt “gioielli, che a un raffinato virtuosismo formale uniscono una sottile caratterizzazione psicologica.” Ritratto di  Johanna Staude, realizzato negli ultimi mesi prima di morire è un’opera di sorprendente vivacità per l’accostamento dello sfondo color arancione al particolare blu della camicetta disegnata con foglie a fantasia come il tessuto creato da Martha Alber, collaboratrice del dipartimento di moda della Wiener Werkstätte.

Moriz Nähr, Foto di gruppo con gli artisti della cosiddetta “Mostra di Beethoven” nella sala centrale del Palazzo della Secessione a Vienna; nella fila davanti, da sinistra a destra: Kolo Moser, Maximilian Lenz, Ernst Stöhr, Emil Orlik, Carl Moll; nella fila dietro da sinistra a destra: Anton Nowak, Gustav Klimt, Adolf Böhm, 1902 Gelatina d’argento, 13,9×19,8 cm, Klimt Foundation, Vienna © Klimt Foundation, Vienna

L’icona della complessità femminile è Giuditta I del 1901. La verticalità dell’opera è come uno sguardo rubato sulla sensualità della donna che guarda verso il suo interiorità. Con la testa lievemente spostata indietro, gli occhi e le labbra socchiusi esprimono, sete di amore, compiacimento di vendetta, solitudine ieratica di un corpo avvolto in strati di seta che rendono regale e biblico il corpo. Klimt per questa opera si rifà al dramma teatrale del 1840 di Friedrich Hebbel, al rapporto sessuale dell’eroina ebrea con Oloferne. 

La Giuditta klimtiana è la trascrizione visiva del mondo letterario del nuovo secolo, dell’indagine sulla contrastante natura dei sentimenti che si riflette nel rapporto tra i sessi. L’opera è presentata alla X Mostra della Secessione nel 1901 dove il suo magnetismo erotico suscita ammirazione e clamore. Per la prima volta, con quest’opera, Klimt usa la foglia d’oro, come nella pittura orientale, combinata con la pittura a olio. Gli ornamenti si ispirano all’arte assira. La concezione romantica del bacio, dell’incontro sentimentale  tra i corpi  scolpita dolcemente nel candido marmo nella scultura Amanti di Giovanni Prini 1909-1913, fa da contrappunto alla Giuditta klimtiana.

Carl Moll, Boschetto di betulle al crepuscolo, 1902 circa, Olio su tela, 80×80 cm, Belvedere, Vienna
© Belvedere, Vienna Photo: Johannes Stoll

La sala dedicata alla pittura paesaggistica raccoglie opere di Klimt e di artisti austriaci che hanno vissuto il paesaggio con la ricerca luministica del divisionismo come una fuoriuscita dal sé per raggiungere un concetto di amore senza misura, un silenzio senza avversari, la contemplazione di un viso infinito. La sezione presenta due particolarità sulle opere di Klimt. La prima è la tela dall’insolito formato verticale Dopo la pioggia (1898), in cui l’artista rappresenta alberi dai contorni sfumati, con le cime recise che non possono toccare il cielo, quasi in un’imperfetta inquadratura fotografica, mentre la nebbia si insinua avvolgendoli come in un tradizionale rotolo orientale. La particolare visione paesaggistica, tagliata nella parte superiore crea l’indefinito dell’immagine contagiando la pittura di artisti come Carl Moll, Boschetto di betulle al tramonto (1902), Koloman Moser, Casa di campagna vicino all’acqua (1908), Franz Jaschke, Salici potati a Weyer (1909).  

La seconda particolarità della sezione è dovuta presenza della collotipia dall’originale di Malcesine sul Garda che Klimt dipinge nel 1913 durante le settimane di soggiorno sul lago di Garda. L’opera è stata distrutta nell’incendio del castello di Immerdorf nel 1945. 

Cartolina di Gustav Klimt a Emilie Flöge, Verona, 08.12.1903, 13,7×9 cm
Collezione privata Leopold

Intanto si stava lavorando all’unico vero mosaico di Klimt, quello già citato per il palazzo Stoclet di Bruxelles, che a Vienna fu presentato a un pubblico ristretto il 23 ottobre 1911. Ho già accennato a una possibile suggestione romana per il doppio albero della vita, nel quale comunque sono molte altre le fonti iconografiche e decorative cui Klimt attinge, per annullarle poi nello straordinario risultato finale. Hevesi era già morto nel 1910 e non sappiamo se conoscesse i disegni preparatori. Avrebbe comunque trovato conferma qui la sua analisi del 1907 che “nella nuova Bisanzio di Klimt il Giappone la fa da padrone”. 

Il museo Belvedere ha raccolto la più grande collezione di dipinti di Gustav Klimt e si adopera per organizzare e sostenere esposizioni su Gustav Klimt in contesti internazionale anche con la collaborazione della Klimt Foundation, come per la mostra “Klimt. La Secessione e l’Italia” presso il Museo di Roma a Palazzo Braschi.

Vittoria BiasiStorica dell’arte, curatrice internazionale

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The Author

Vittoria Biasi

Vittoria Biasi

Vittoria Biasi is a Contemporary Art Historian and an Art Critic. She is a
Contemporary Art History professor at Florence’s Academy of Fine Arts. After
her humanities graduation she concerned herself with the Theory of White
following Hubert Damish at Paris *Ecole des Haute Etude*. Close to artists who
interprets the monochromy of white she devoted herself to the theoretical criticism realizing
national and international shows and exhibitions with a particular attention to the Eastern culture.
She attends conferences as a lecturer about the white and its light. Among the others: Lumière(s)
En Usage, Pèrigueux 1998. From 1996 on to 2000 she realizes the events of Light of Art for
Art’s sake at Rome, Parma and Padoa. For Homo Sapiens (1) first she translated Henry
Meschonnic from French, publishing some excerpts from Modernité (2). Some other
publications: State of White (3); In Line with Light, Light for Light’s sake (4). She wrote for the
magazine Lighting. Through a text of her she is attending Fabrizio Crisafulli’s Theatre of Places.
The theatre as a place and the experience at Formia (1996-1998), **G.A.T.D*., Rome, 1998. She
looked after the exhibitions for the book of artist in Italy and abroad.

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