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IL LATTE DEI SOGNI/THE MILK OF DREAMS – 59. ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D’ARTE – BIENNALE DI VENEZIA

Il Presidente della Biennale di Venezia, Roberto Cicutto, e la Curatrice della 59. Esposizione Internazionale d’Arte, Cecilia Alemani – nominata Direttrice del Settore Arti Visive dal precedente Cda il 10 gennaio 2020 –, annunciano oggi il titolo e il tema della Biennale Arte 2022, che si svolgerà dal 23 aprile al 27 novembre 2022 (pre-apertura 20, 21, 22 aprile) ai Giardini, all’Arsenale e in vari luoghi di Venezia.

La 59. Esposizione Internazionale d’Arte si intitolerà Il latte dei sogni/The Milk of Dreams. La Mostra prende il nome da un libro di Leonora Carrington in cui, come spiega Cecilia Alemani, «l’artista surrealista descrive un mondo magico nel quale la vita è costantemente reinventata attraverso il prisma dell’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare altri da sé. La Mostra propone un viaggio immaginario attraverso le metamorfosi dei corpi e delle definizioni dell’umano.»

Cecilia Alemani spiega così la sua scelta:

«La Mostra prende il nome da un libro dell’artista surrealista Leonora Carrington (1917-2011), che negli anni Cinquanta in Messico immagina e illustra favole misteriose dapprima direttamente sui muri della sua casa, per poi raccoglierle in un libricino chiamato appunto Il latte dei sogni. Raccontate in uno stile onirico che pare terrorizzasse adulti e bambini, le storie di Carrington immaginano un mondo libero e pieno di infinite possibilità, ma anche l’allegoria di un secolo che impone sull’identità una pressione intollerabile, forzando Carrington a vivere come un’esiliata, rinchiusa in ospedali psichiatrici, perenne oggetto di fascinazione e desiderio ma anche figura di rara forza e mistero, sempre in fuga dalle costrizioni di un’identità fissa e coerente.»

«La Mostra nasce dalle numerose conversazioni intercorse con molte artiste e artisti in questi ultimi mesi. Da questi dialoghi sono emerse con insistenza una serie di domande che non solo evocano questo preciso momento storico in cui la sopravvivenza stessa dell’umanità è minacciata, ma che riassumono molte altre questioni che hanno dominato le scienze, le arti e i miti del nostro tempo. Come sta cambiando la definizione di umano? Come si definisce la vita e quali sono le differenze che separano l’animale, il vegetale, l’umano e il non-umano? Quali sono le nostre responsabilità nei confronti dei nostri simili, di altre forme di vita e del pianeta che abitiamo? E come sarebbe la vita senza di noi?»

«La Mostra si concentra in particolare attorno a tre aree tematiche: la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi; la relazione tra individui e tecnologie; i legami che si intrecciano tra i corpi e la Terra.»

Da parte sua il Presidente Roberto Cicutto ha dichiarato:

«Cecilia Alemani mette al centro del suo “viaggio immaginario attraverso le metamorfosi dei corpi e delle definizioni dell’umano” una serie di domande su “questioni che hanno dominato le scienze, le arti e i miti del nostro tempo”.
Anche il titolo della 17. Mostra Internazionale di Architettura curata da Hashim Sarkis è una domanda: “Come vivremo assieme?”.
Due scelte frutto dei tempi correnti privi di certezze che caricano l’umanità di immense responsabilità.
Cecilia Alemani nel 2020 ha coordinato il lavoro dei Direttori di tutti i Settori della Biennale (Arte, Architettura, Cinema, Danza, Musica, Teatro) per realizzare la Mostra Le muse inquiete. La Biennale di Venezia di fronte alla storia.
L’inquietudine e l’assunzione di responsabilità propria dell’atto artistico erano l’ispirazione di quella Mostra che raccontava molta parte della storia della Biennale. Oggi il punto di partenza della prossima Biennale Arte pare essere la reinvenzione di nuove e più sostenibili relazioni fra gli individui e tutto ciò che popola l’universo in cui viviamo.
Non poteva esserci modo migliore per Cecilia Alemani di aprire, attraverso queste due esperienze, nuove porte per le Biennali del futuro.»

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Il latte dei sogni è il titolo della 59. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia.

La mostra prende il nome da un libro dell’artista surrealista Leonora Carrington (1917-2011), che negli anni Cinquanta in Messico immagina e illustra favole misteriose dapprima direttamente sui muri della sua casa, per poi raccoglierle in un libricino chiamato appunto Il latte dei sogni. Bambini che perdono la testa, avvoltoi intrappolati nella gelatina e macchine carnivore sono alcune delle visioni allucinate di creature ibride e mutanti che popolano gli universi fantastici di Carrington. Raccontate in uno stile onirico che pare terrorizzasse adulti e bambini, le storie di Carrington descrivono un mondo magico nel quale la vita è costantemente reinventata attraverso il prisma dell’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare altri da sé. È un mondo libero e pieno di infinite possibilità, ma è anche l’allegoria di un secolo che impone sull’identità una pressione intollerabile, forzando Carrington a vivere come un’esiliata, rinchiusa in ospedali psichiatrici, perenne oggetto di fascinazione e desiderio ma anche figura di rara forza e mistero, sempre in fuga dalle costrizioni di un’identità fissa e coerente. A chi le chiedesse quando era nata, Carrington rispondeva che era stata costruita dall’incontro tra sua madre e una macchina, in una bizzarra comunione di umano, animale e meccanico che contraddistingue molti dei suoi dipinti e delle sue opere letterarie.

L’esposizione Il latte dei sogni sceglie Leonora Carrington, le sue creature fantastiche e molte altre figure della trasformazione come compagne per un viaggio immaginario attraverso le metamorfosi dei corpi e delle definizioni dell’umano. La mostra nasce dalle numerose conversazioni intercorse con molte artiste e artisti in questi ultimi mesi. Da questi dialoghi sono emerse con insistenza una serie di domande che non solo evocano questo preciso momento storico in cui la sopravvivenza stessa dell’umanità è minacciata, ma che riassumono molte altre questioni che hanno dominato le scienze, le arti e i miti del nostro tempo. Come sta cambiando la definizione di umano? Come si definisce la vita e quali sono le differenze che separano l’animale, il vegetale, l’umano e il non-umano? Quali sono le nostre responsabilità nei confronti dei nostri simili, di altre forme di vita e del pianeta che abitiamo? E come sarebbe la vita senza di noi?

Queste sono alcune delle domande che fanno da guida a questa edizione della Biennale Arte, la cui ricerca si concentra in particolare attorno a tre aree tematiche: la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi; la relazione tra individui e tecnologie; i legami che si intrecciano tra i corpi e la terra.

Molte artiste e artisti contemporanei stanno immaginando una condizione post-umana, mettendo in discussione la visione moderna e occidentale dell’essere umano – in particolare la presunta idea universale di un soggetto bianco e maschio, “uomo della ragione” – come il centro dell’universo e come misura di tutte le cose. Al suo posto, contrappongono mondi fatti di nuove alleanze tra specie diverse e abitati da esseri permeabili, ibridi e molteplici, come le creature fantastiche inventate da Carrington.

Sotto la pressione di tecnologie sempre più invasive, i confini tra corpi e oggetti sono stati completamente trasformati, imponendo profonde mutazioni che ridisegnano nuove forme di soggettività e riconfigurano gerarchie e anatomie.

Oggi il mondo appare drammaticamente diviso tra ottimismo tecnologico, che promette il perfezionamento infinito del corpo umano attraverso la scienza, e lo spettro di una totale presa di controllo da parte delle macchine grazie all’automazione e all’intelligenza artificiale. Questa frattura è stata acuita ulteriormente dalla pandemia del COVID-19, che ha intrappolato gran parte delle interazioni umane dietro le superfici di schermi e dispositivi elettronici e ha intensificato ulteriormente le distanze sociali. In questi mesi la fragilità del corpo umano è diventata tragicamente più evidente ma allo stesso tempo è stata tenuta a distanza, filtrata dalla tecnologia, resa quasi immateriale e disincarnata.

La pressione della tecnologia, lo scoppio della pandemia, l’acuirsi di tensioni sociali e la minaccia di incipienti disastri ambientali ci ricordano ogni giorno che, in quanto corpi mortali, non siamo né invincibili né autosufficienti, ma piuttosto siamo parte di un sistema di dipendenze simbiotiche che ci legano gli uni agli altri, ad altre specie e all’intero pianeta.

Molte artiste e artisti ritraggono la fine dell’antropocentrismo, celebrando una nuova comunione con il non-umano, con l’animale e con la terra, esaltando un senso di affinità fra specie e tra l’organico e l’inorganico, tra l’animato e l’inanimato. Altri reagiscono alla dissoluzione di presunti sistemi universali, riscoprendo forme di conoscenza locali e nuove politiche identitarie. Altri ancora praticano ciò che la filosofa femminista e attivista Silvia Federici descrive come il “re-incantesimo del mondo”, mescolando saperi indigeni e mitologie individuali, in modi non dissimili da quelli immaginati da Leonora Carrington.

Se gli eventi degli ultimi mesi hanno dato forma a un mondo lacerato e diviso, la mostra Il latte dei sogni prova a immaginare altre forme di coesistenza e trasformazione. Per questo, a dispetto del clima in cui è nata, Il latte dei sogni aspira a essere una mostra ottimista, che celebra l’arte e la sua capacità di creare cosmologie alternative e nuove condizioni di esistenza. La mostra guarda alle artiste e artisti non come coloro che ci rivelano chi siamo, ma piuttosto come coloro che sanno assorbire le inquietudini e le preoccupazioni di questi tempi per mostrarci chi e che cosa possiamo diventare.

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La 59. Esposizione Internazionale d’Arte presenterà, come di consueto, le Partecipazioni Nazionali con proprie mostre nei Padiglioni ai Giardini e all’Arsenale, oltre che nel centro storico di Venezia. Anche per questa edizione si prevedono selezionati Eventi Collaterali, proposti da enti e istituzioni internazionali, che allestiranno le loro esposizioni e le loro iniziative a Venezia.

Un ringraziamento speciale a Leonora Carrington Estate.

padiglione-centrale

The President of La Biennale di Venezia, Roberto Cicutto, and the Curator of the 59th International Art Exhibition, Cecilia Alemani appointed as the Artistic Director of the Visual Arts Department by the former Board of Directors on January 10, 2020 –, announced today the title and theme of the Biennale Arte 2022, which will be held from 23 April to 27 November 2022 (pre-opening on 20, 21, 22 April) in the Giardini, at the Arsenale, and at various sites around Venice.

The 59th International Art Exhibition will be titled The Milk of Dreams/Il latte dei sogni. This name is borrowed from a book by Leonora Carrington, in which, as Cecilia Alemani says, “the Surrealist artist describes a magical world where life is constantly re-envisioned through the prism of the imagination, and where everyone can change, be transformed, become something and someone else. The exhibition takes us on an imaginary journey through metamorphoses of the body and definitions of humanity.”

Cecilia Alemani explains her choice:

«The Exhibition takes its name from a book by Surrealist artist Leonora Carrington (1917-2011). In the 1950s, while living in Mexico, Carrington dreamed up and illustrated mysterious tales, first directly on the walls of her home, then in a small notebook called The Milk of Dreams. Told in a dreamlike style that seemed to terrify young and old alike, Carrington’s stories describe a world set free, brimming with possibilities. But it is also the allegory of a century that imposed intolerable pressure on the individual, forcing Carrington into a life of exile: locked up in mental hospitals, an eternal object of fascination and desire, yet also a figure of startling power and mystery, always fleeing the strictures of a fixed, coherent identity. »

«This Exhibition is grounded in many conversations with artists which took place over the past months. The questions that kept emerging seem to capture this moment in history, when the very survival of the species is threatened, but also to sum up doubts that pervade the sciences, arts, and myths of our time. How is the definition of the human changing? What constitutes life, and what differentiates animals, plants, humans, and non-humans? What are our responsibilities towards the planet, other people, and the other organisms we live with? And what would life and the Earth look like without us? »

«The exhibition focuses on three themes in particular: the representation of bodies and their metamorphoses; the relationship between individuals and technologies; the connection between bodies and the Earth. »

President Roberto Cicutto also stated:

«Cecilia Alemani focuses her “imaginary journey through metamorphoses of the body and definitions of humanity” on a series of questions about the “doubts that pervade the sciences, arts, and myths of our time”.
The title of the 17th International Architecture Exhibition, curated by Hashim Sarkis, is also a question: “How will we live together?”.
These two choices are the product of the current times, which lack all certainty and burden humanity with immense responsibilities.
In 2020, Cecilia Alemani coordinated the work of the directors of all the departments of La Biennale (Art, Architecture, Cinema, Dance, Music, Theatre) in organizing the exhibition Le muse inquiete (The Disquieted Muses). When La Biennale Di Venezia Meets History.
The restiveness and assumption of responsibility inherent in the artistic act were the inspiration for the exhibition, which told much of the story of La Biennale. Today the starting point for the next Biennale Arte seems to be the reinvention of new and more sustainable relations between individuals and the universe we live in.
What better way could there be for Cecilia Alemani, than through these two experiences, to open new doors for the future Biennales?»

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The Milk of Dreams is the title of the 59th International Art Exhibition of La Biennale di Venezia.

The exhibition takes its name from a book by Surrealist artist Leonora Carrington (1917-2011). In the 1950s, while living in Mexico, Carrington dreamed up and illustrated mysterious tales, first directly on the walls of her home, then in a small notebook with this title. The mind-bending visions of hybrid, mutant creatures that fill her fanciful universes include children who lose their heads, vultures trapped in gelatin, and carnivorous machines. Told in a dreamlike style that seemed to terrify young and old alike, Carrington’s stories describe a magical world where life is constantly re-envisioned through the prism of the imagination, and where everyone can change, be transformed, become something or someone else. It is a world set free, brimming with possibilities. But it is also the allegory of a century that imposed intolerable pressure on the individual, forcing Carrington into a life of exile: locked up in mental hospitals, an eternal object of fascination and desire, yet also a figure of startling power and mystery, always fleeing the strictures of a fixed, coherent identity. When asked about her birth, Carrington would say she was the product of her mother’s encounter with a machine, in the same bizarre union of human, animal, and mechanical that marks much of her painting and writing.

The exhibition The Milk of Dreams takes Leonora Carrington, her otherworldly creatures, and many other figures of transformation as companions on an imaginary journey through metamorphoses of the body and definitions of humanity. This exhibition is grounded in many conversations with artists which took place over the past months. The questions that kept emerging seem to capture this moment in history when the very survival of the species is threatened, but also to sum up doubts that pervade the sciences, arts, and myths of our time. How is the definition of the human changing? What constitutes life, and what differentiates animals, plants, humans and non-humans? What are our responsibilities towards the planet, other people, and the different organisms we live with? And what would life look like without us?

These are some of the guiding questions for this edition of the Biennale Arte, which focuses on three themes in particular: the representation of bodies and their metamorphoses; the relationship between individuals and technologies; the connection between bodies and the earth.

Many contemporary artists are imagining a posthuman condition that challenges the modern Western vision of the human being—and especially the presumed universal ideal of the white, male “Man of reason”—as fixed center of the universe and measure of all things. In its place, artists propose new alliances between species, and worlds inhabited by porous, hybrid, manifold beings that are not unlike Carrington’s extraordinary creatures.

Under the increasingly invasive pressure of technology, the boundaries between bodies and objects have been utterly transformed, bringing about profound mutations that remap subjectivities, hierarchies, and anatomies.

Today, the world seems dramatically split between technological optimism, which promises that the human body can be endlessly perfected through science, and the dread of a complete takeover by machines via automation and artificial intelligence. This rift has been exacerbated by the COVID-19 pandemic, which has caged much of human interaction behind the screens of electronic devices and forced us even further apart. In these many months, the human body’s fragility has become tragically apparent, but at the same time has been kept at a distance, filtered through technology, rendered almost intangible and disincarnate.

The pressure of technology, the outbreak of the pandemic, the heightening of social tensions, and the looming threat of environmental disaster remind us every day that as mortal bodies, we are neither invincible nor self-sufficient, but rather part of a symbiotic web of interdependencies that bind us to each other, to other species, and to the planet as a whole.

Many artists envision the end of anthropocentrism, celebrating a new communion with the non-human, with the animal world, and with the Earth; they are also developing a sense of kinship between species and between the organic and inorganic, animate and inanimate. Others react to the dissolution of supposedly universal systems, rediscovering localized forms of knowledge and new politics of identity. Still others practice what feminist theorist and activist Silvia Federici calls the “re-enchantment of the world”, mingling indigenous traditions with personal mythologies in much the same way as Leonora Carrington.

Though the events of recent months have yielded a torn, riven world, the exhibition The Milk of Dreams tries to imagine other modes of coexistence and transformation. So despite the climate that forged it, it aspires to be an optimistic exhibition, which celebrates art and its capacity to create alternative cosmologies and new conditions of existence. It asks artists not to reveal who we are, but to absorb the worries and fears of this time and show us who and what we can become.

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The 59th International Art Exhibition will also feature, as usual, the National Participations, with each country presenting its own exhibition in the Pavilions of the Giardini and the Arsenale, and in the historic centre of Venice. This edition will once again include a selection of Collateral Events organized by international institutions, which will hold their own shows and initiatives in Venice.

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