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ARTE COME CURA: 16 ARTISTE IN UN’AZIONE COLLETTIVA DI SENSIBILIZZAZIONE – CITTA’ DI CASTELLO – GUALDO TADINO

Arte come cura: 16 artiste in un’azione collettiva di sensibilizzazione

Arte come cura è un progetto di arte contemporanea nato dalla collaborazione tra l’artista Barbara Amadori e il Dott. Luciano Carli, promosso dall’AACC, Associazione Alto Tevere contro il cancro, e curato da Nello Teodori e Roberto Vecchiarelli.

Attraverso il linguaggio visivo delle 16 artiste coinvolte, l’arte diventa strumento di sensibilizzazione che porta l’osservatore a riflettere sul tema della malattia e della cura.

Il disegno della mostra è una costellazione femminile, dove ogni protagonista di questa geo-morfologia della creatività, caratterizzata dalla multiformità dei linguaggi e dei livelli di comunicazione, concorre a delineare il profilo di un paesaggio variegato, poliedrico, interessante, una galassia composita sul quale soffermarsi, un panorama da osservare, da vicino.  

Questo progetto, maturando dentro l’ospedale (durante una degenza) e in relazione con il personale medico, offre alla condizione di paziente/degente/ammalato l’occasione, forte, per un riscatto emotivo. 

La condizione patologica può così trasformarsi in momento di crescita individuale e di verifica della propria indole creativa e immaginifica. Una umanizzazione, nel contesto di cura, capace di dialogare all’esterno e di mettere in campo un’azione collettiva di grande valore che non elude o nasconde, ma si identifica e confronta con il problema. In questo modo si crea un circuito aperto dove le artiste si confrontano e si mettono in relazione.

LE ARTISTE: Barbara Amadori, Catia Ceccacci, Chiara De Megni, Martina Donnini, Giulia Filippi, Wilma Lok, Ilaria Margutti, Donatella Marinucci, Lidia Nizzo, Barbara Novelli, Elisa Pietrelli, Virginia Ryan, Isabella Sannipoli, Meri Tancredi, Maddalena Vantaggi, Rita Vitali Rosati.

La mostra, inaugurata sabato 19 marzo, sarà visitabile fino al 3 aprile (venerdì, sabato e domenica, ore 10:30-13:00 e 15:30-18:00), presso la Sala del gusto del Centro di Istruzione e Formazione professionale Bufalini di Città di Castello. 

Il libro Arte come cura è pubblicato dalla casa editrice Magonza.

L’iniziativa ha il patrocinio del Comune di Città di Castello, di Citerna, di San Giustino, di Monte Santa Maria Tiberina, della Usl 1 Umbria, Servizio Sanitario Regionale, di Europa Donna, AACC, Assoziazione Le farfalle e il sostegno di Farmacia centrale Capeci, Lions Club Gualdo Tadino, Maria Contigiani Cashmere, Birra Flea, Ecosuntek, Autosalone Pucci, Monacelli costruzioni Gubbio, Centro di Istruzione e Formazione professionale Bufalini, Team Dev e Magonza.

Dal 7 al 29 maggio 2022 Arte come cura sarà visitabile presso il Museo Casa Cajani di Gualdo Tadino, con il patrocinio del Comune e del Polo Museale di Gualdo Tadino.

Isabella Sannipoli_METAMORPHOSEON, 2022

Testo di Nello Teodori

Lo dicevano gli antichi e lo ricorda Aristotele, il rapporto che lega l’arte con la scienza è un componimento ideale; uno è sinonimo del talento e della capacità creativa di ogni essere umano e l’altra è una dottrina della conoscenza.

A Giovenale risale la famosa locuzione latina Mens sana in corpore sano:

la cura delle due componenti, mente e corpo, è un dittico della salute, una rappresentazione vitale e al tempo stesso delicata; insieme sono l’accordo perfetto di un’armonia dello stare bene, un suono che cattura e distende, una melodia che vale.

Arte come Cura è una mostra di arte contemporanea maturata, come progetto e necessità, in un ospedale nel periodo di degenza di una delle artiste presenti in questo evento espositivo, colpita alcuni anni fa da un tumore al seno, polo di bellezza e femminilità, di maternità. Una patologia e una esperienza che accomuna il vissuto di tantissime donne, ognuna delle quali, nella sofferenza, nell’angoscia, nella paura, cerca le ragioni di un altrove; un itinerario di speranza verso un significante, la vita rinnovata, una luce nuova.

Un’idea, questa iniziativa, immediatamente condivisa dal medico che ha accompagnato il periodo della degenza di questa artista nel nosocomio di Città di Castello.

Il progetto e i temi ad esso connessi sono stati accolti come una sollecitazione opportuna, un motivo di approfondimento e di riflessione, un approccio che ha contribuito a rafforzare il livello di comunicazione tra paziente, medico, personale infermieristico.

Lontani da quelle criticità che spesso denunciano l’assenza di un ascolto, come deficit relazionale e umano, è maturata l’idea di un progetto dal forte impatto sociale e culturale: promuovere un’esperienza di relazione e di condivisone, dove l’arte sia parte attiva nel processo di guarigione su un tema, il corpo femminile e la psiche che l’accompagna, a cui l’arte stessa deve alcuni dei suoi più grandi capolavori.

Un percorso di cura e di speranza che si affida alla medicina, alla scienza, volge lo sguardo, parallelamente ad essa, all’arte e a quanto l’arte, come dimensione creativa, come cura dell’anima, può rappresentare la ricerca di un benessere psicologico e mentale, e influenzare, in questo modo, concretamente, il processo di guarigione.

La mostra è una conseguenza delle relazioni che si sono instaurate nel luogo della degenza dove tutto è nato, anche l’opportunità rivolta ad ognuno di noi, curatori, artiste e personale medico, di partecipare attivamente ad un progetto solido, dove arte e scienza si completano, progrediscono e determinano.

Molte riviste scientifiche si sono occupate di questo tema e molte di queste confermano quanto la potenza dell’arte, in tutte le sue declinazioni, sia un fondamentale sostegno alla cura. La pittura, la scultura, il disegno, la musica, il teatro, il ballo, qualunque forma espressiva, come ricerca del bello, si traduce in una esperienza spirituale in grado di restituire forza alla nostra umanità.

L’arte accompagna e sostiene il tuo dolore, ascolta il tuo silenzio: un potere taumaturgico, una magia che infonde forza e speranza, nella vita.

In questa relazione tra corpo e psiche oggi si va affiancando sempre più l’attenzione per l’ambiente, gli spazi antropizzati per la degenza; come dovrebbero essere dentro e fuori.  Si studiano luoghi della cura accoglienti al loro interno e al loro esterno, ambienti in cui il tempo dell’attesa, della permanenza, venga in qualche modo mitigato e dove, in una prospettiva circolare, sferica, in una visione olistica, si assista e si accompagni il processo di guarigione.

Una mostra di sole donne, certo, semplicemente perché quella patologia ricorrente che colpisce il luogo della follia, così come veniva descritto il seno femminile già nel Medioevo, verso la quale la prevenzione, la scansione di un controllo reiterato, è già la cura, riguarda esclusivamente l’universo femminile, la sua bellezza, scalfita, indebolita.

Il disegno della mostra è una costellazione femminile (Barbara, Meri, Isabella, Rita, Chiara, Virginia, Martina, Ilaria, Donatella, Catia, Wilma, Lidia, Barbara, Maddalena, Elisa, Giulia), dove ogni protagonista di questa geo-morfologia della creatività, caratterizzata dalla multiformità dei linguaggi e dei livelli di comunicazione, concorre a delineare il profilo di un paesaggio variegato, poliedrico, interessante, una galassia composita sul quale soffermarsi, un panorama da osservare, da vicino.  

Inaugurazione

La scelta delle opere, molte delle quali pensate appositamente per questo progetto, la loro collocazione, gli equilibri, le soluzioni, conformano un impianto scenico dell’allestimento come soluzione estetica e psicologica; tutto ciò che ne consegue sono il risultato di un lavoro condiviso di ideazione e costruzione di una comunità del fare.

Accanto alla pittura, che nelle sue declinazioni stilistiche ogni volta si rinnova e ci stupisce, alla fotografia, come registrazione di un evento performativo e sintesi formale, troviamo opere su carta, lavori intimi e poetici.

Nell’alveo dell’universo creativo arte e design convivono ormai liberamente, i confini sono sempre più evanescenti, tutto è tutto in un modo o in un altro, così come nel caso di alcuni oggetti di scarto in ceramica esposti, dove il difetto è una virtù, è il principio, il seme di una bellezza da rinnovare, una ecologia della materia e dell’esistenza.

In questo panorama variegato della mostra si collocano alcuni lavori che, partendo da peculiari tecniche fattuali della tradizionale femminile, come il ricamo, assegnano tutto questo ad una idea dell’arte, ad un processo creativo, i cui cardini sono concetti, concentrazione, sentimento, silenzio, attualità e abilità costruttiva che rimanda ad un saper fare antico. E’ lo stesso silenzio, la stessa concentrazione di alcune opere dove l’esperienza estetica si traduce nel fare l’arte attraverso la scrittura. Tutto questo ha in sé qualcosa di magico, vocali e consonanti, punti e virgole, grammatica e ortografia, un desiderio di registrazione. I caratteri, come valore semantico e come segno, disegnano immagini, architetture di lettere, perché la memoria non sia scalfita.

Arte come cura è un progetto di arte contemporanea che nasce, in fase embrionale, in una pre-sala operatoria a Città di Castello.

Barbara Amadori_A chi si ferma e ascolta, 2019

Testo di Barbara Amadori

Ero di fronte a una parete verde caratterizzata da segni bianchi e neri: fissando questa superficie si è acceso in me il bisogno di tornare a dipingere. Ho dovuto affrontare diversi interventi chirurgici; non avrei mai immaginato di potermi trovare a parlare di arte, cancro e progetti appena prima delle operazioni. La sensibilità verso il linguaggio dell’arte del Dott. Luciano Carli mi ha dato modo di aprirmi e di vivere un percorso di cura anche attraverso il fare arte. Il suo esserci, sì come chirurgo, ma anche e soprattutto come persona aperta ad un ascolto profondo, mi ha regalato una preziosa umanità, quello di cui avevo bisogno.

Da Città di Castello, da frammenti di racconti personali, da un affidarsi a chi si ha di fronte o accanto sono nate nuove opere differenti per tecnica e mezzo espressivo, ma fortemente legate tra loro. Solo ora comprendo a pieno quanto sia stato importante per me lavorare in quel periodo. C’è stato un flusso creativo vitale: scrittura, disegno, fotografia, pittura mi hanno aiutata.

Questa malattia è corpo, pelle, cicatrici, sofferenza, riflessione, incertezza, crollo emotivo; ma è anche forza, fiducia nell’altro, riscoperta di sé, conoscenza di persone, donne, andare avanti, affidarsi, esserci.

La sensibilità degli operatori sanitari fatta di gesti, espressioni, sorrisi, consigli è tanto.

La fiducia nel personale sanitario sostiene.

Le riprese e le cadute e i forti contrasti emozionali hanno nutrito la fase creativa insieme a una costante riflessione sull’io.

Così nasce l’idea di realizzare una mostra che affronti proprio il tema della malattia. Ecco quindi che entrano nel mio immaginario due persone a me molto care, i curatori Nello Teodori e Roberto Vecchiarelli, e le artiste. E’ grazie a loro, che hanno immediatamente capito il progetto e risposto alla chiamata, se questa mostra è oggi qualcosa di reale.

Meri Tancredi_Sudario-Unica richiesta al Padre, 2017

 

 

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