PIENO DI VUOTO E’ IL LATTE DEI SOGNI – BIENNALE DI VENEZIA
Il 27 novembre scorso si è conclusa la 59. Esposizione Internazionale d’Arte inaugurata il 23 aprile 2022, sotto la direzione artistica di Cecilia Alemani. Il grande sogno lattiginoso, che ha coinvolto 213 artiste e artisti, è svanito lasciando spazio al vuoto degli spazi architettonici che l’hanno contenuto. Pieno di vuoto è stato il viaggio trans-storico tra le proposte artistiche della Biennale di Venezia, in The Milk of Dream. Se è vero che, come sostiene Li Jihhua, ovunque il vuoto si interscala al pieno, è possibile delineare un percorso tra Giardini e Arsenale rintracciando le proposte artistiche piene di vuoto.
IL VUOTO AI GIARDINI
Il Padiglione SPAGNA curato da Beatriz Espejo ha proposto l’artista catalano Ignasi Aballì che ha presentato Correcciòn. Si è trattato di una correzione effettuata sulla definizione degli spazi architettonici del Padiglione stesso, costruito nel 1922 dall’architetto Javier Luque. I disallineamenti delle pareti esterne rispetto alla posizione dei Padiglioni adiacenti, sono stati percepiti dall’artista come una anomalia. Questa è stata risolta con un’importante azione concettuale che ha comportato una rotazione del Padiglione di dieci gradi per rimodulare gli ambienti e realizzare un nuovo grande spazio vuoto. La differenza tra le pareti preesistenti e quelle nuove era percepibile dalle due diverse tonalità di bianco che ne caratterizzano le superfici.
A ribadire la scelta del vuoto all’interno del Padiglione trovava spazio un’ulteriore proposta che accompagnava ad una riflessione sul rapporto tra contenitore e contenuto. L’artista infatti ha scelto di portare altrove, all’esterno del Padiglione e fuori dai Giardini, un’opera diffusa. Si è trattato di una sorta di guida turistica, assimilabile ad una caccia al tesoro, tracciata su una mappa distribuita all’interno del Padiglione stesso insieme a raccoglitori colorati. I visitatori sono stati invitati a ritrovare nella città di Venezia gli elementi da raccogliere per ricostituire l’unità di un “racconto”, seguendo le istruzioni.
Il Padiglione GERMANIA curato da Yilmaz Dziewior, ha presentato l’artista Maria Eichhorn che ha spinto il vuoto oltre il vuoto, arrivando a scrostare gli intonaci delle pareti per lasciare spazio alla struttura muraria sottostante. Una sorta di sottovuoto attivo e corrosivo che ha scavato fino alle fondamenta, per renderne visibili alcune parti. Anche in questo caso è si è trattato di una scelta di arte concettuale che alludeva all’idea provocatoria di distruggere e ricollocare il Padiglione tedesco altrove, come evidenziato dal titolo RELOCATING A STRUCTURE. Scavando gli intonaci metaforicamente l’artista ne ha approfondito il significato, si comprende la non casualità dei punti di scavo scelti. Questi infatti hanno svelato la struttura sottostante appartenuta al Padiglione Bavarese del 1909, progettato da Daniele Donghi e caratterizzato dall’avere un impatto meno monumentale rispetto a quello attuale voluto dal regime nazista nel 1938. Tracce quasi invisibili hanno riportato a fatti storici intercettabili attraverso la storia dell’edificio stesso, che scoperto si racconta. Il vuoto del Padiglione Germania è pieno di riferimenti alla storia e alla politica che riemergono attraverso l’arte.
Il Padiglione GIAPPONE ha presentato un’installazione del collettivo artistico Dumb Type, fondato a Kyoto nel 1984. L’artista Takatani Shiro e il musicista e compositore Sakamoto Ryuichi, in collaborazione con altri artisti, tra cui Furudate Ken, Hama Satoshi, Shiraki Ryo, Hara Marihiko, Tomari Hiromasa, Minami Takuya, Sora Norika e Takatani Yoko, hanno proposto un’installazione-percorso che partiva da un vuoto. Un grande parallelepipedo di vetro specchiante ha avuto l’intento di mettere le persone di fronte a se stesse ed avviare un percorso di consapevolezza e condivisione verso il piano superiore. Qui era possibile accedere ad uno spazio vuoto fatto di buio, frequenze sonore e parole definite da led rossi. Brevi frasi scorrevano in alto orizzontalmente sul perimetro dello spazio che accoglieva l’installazione.
Le frasi si riferivano ad un testo di geografia americano di metà ottocento. L’esperienza proposta immersiva e meditativa riprendeva tematiche riferite alla Natura e al rapporto uomo-natura. I riferimenti geografici riportavano a domande universali sull’origine fenomenica della natura stessa. L’installazione sonora immersa nel buio era percorsa da frasi evocative che riempivano il vuoto. Lo spazio, nelle proporzioni, richiamava quello dedicato alla cerimonia del tè con al centro un vuoto quadrato. L’installazione si riferiva ad una importante esperienza vissuta da Takatani Shiro e Sakamoto Ryuichi, bloccati dal maltempo all’interno del tempio zen Shinjuan di Kjoto. L’episodio ebbe un impatto molto forte sui due amici tanto da modificare in loro la percezione spazio-temporale. Il vuoto, la pioggia e la sospensione temporale li ha condotti ad una creatività condivisa, che gli artisti hanno voluto estendere anche con il pubblico della 59 Biennale di Venezia.
Il Padiglione RUSSIA era vuoto. Un grande vuoto pieno di assenza. Non si è trattato di una sottrazione, ma di una amputazione dell’arte che ha segnato il rifiuto ad un invito. Un vuoto eloquente questo, pieno di rimandi alla guerra in corso e alle sue ripercussioni sulla cultura. Vetri sporchi, pochi oggetti lasciati all’interno, qualche foglio accartocciato, una scala. Uno spazio muto e mutilato assimilabile ad un’attesa a lungo termine, sottolineata da vetri parzialmente appannati dalla pioggia.
IL VUOTO ALL’ARSENALE
Il Padiglione ITALIA è stato curato da Eugenio Viola. Storia della Notte e Destino delle Comete è la proposta dell’artista Gian Maria Tosatti che svuota e riempie.
Svuota Padiglioni industriali in disuso del nord Italia per riempire di archeologia industriale gli spazi espositivi del Padiglione Italia. Sono stati riproposti scenari industriali decontestualizzati a cui è stato sottratto il tempo. Anche l’uomo risultava assente e fuoriluogo. L’artista ha attivato un sottovuoto di vita, rafforzato dal consiglio di visitare il Padiglione Italia, uno per volta, da soli. Entrando era possibile attraversare uno spazio fermo, sonorizzato dalla canzone di Gino Paoli, Senza fine, del 1961. Prevaleva una sensazione di assenza e nostalgia di un modello produttivo e umano ormai superato. Un’asfissia diffusa veniva sottolineata da un Vuoto in cerca di ossigeno.
Continuando il percorso era possibile attraversare le altre installazioni caratterizzate da un vuoto inquieto e privo di soluzioni. Un vuoto catartico si riempiva gradualmente di attesa speranzosa espressa alla fine del percorso, quando il vuoto rottamato sfociava all’esterno sul vuoto assoluto fatto di buio-notte, riflessi di acqua e Destino di Comete.
In un angolo in prossimità dell’affaccio era possibile scorgere un motore nuovo di zecca, processore di un uomo neonato, necessario per fronteggiare i cambiamenti in atto, che rottamano il vecchio modello umano e il suo sistema di riferimento. Un azzeramento totale, un vuoto in grado di accogliere il nuovo.
Il Padiglione MALTA ha definito un vuoto pieno di Diplomazija Astuta, il titolo dell’installazione. È stata questa la proposta degli Artisti Arcangelo Sassolino, Giuseppe Schembri Bonaci, Brian Schembri. Lo spazio si apriva come un vuoto, fatto di buio-notte nel quale luci cadenti che morivano in sette vasche d’acqua buie. Queste costituivano una citazione ai sette personaggi presenti nella Pala d’altare di Caravaggio a Malta, rappresentante La decollazione di San Giovanni Battista del 1608, a cui l’installazione si riferisce. Arcangelo Sassolino, ha proposto gocce di acciaio fuso che, attraverso tecnologie di precisione, cadevano dall’alto producendo un sibilo durante lo spegnimento dell’acciaio a contatto con l’acqua. Questi suoni entravano in relazione con la sonorizzazione proposta dal musicista compositore Brian Schembri. L’artista Giuseppe Schembri Bonaci è l’autore del testo dipinto su una grande lastra metallica posta all’ingresso della sala con la trascrizione di brani tratti dall’Antico Testamento. Un’occasione questa di Incontro tra lingue antiche, tra cui l’aramaico, e i nuovi linguaggi legati all’uso di tecnologie avanzate. I tre autori sinergicamente hanno offerto occasioni di riflessione, sul concetto di passato e contemporaneità, ma anche su quanto il progresso e lo sviluppo stesso possano costituire un rischio per l’uomo che può cadere. Tutto passa cineticamente esprimendo in modo poetico il permanere del dileguare Hegeliano. L’installazione, riferendosi all’opera di Caravaggio ha messo l’osservatore di fronte alla tragedia per dare all’uomo la possibilità di rielaborare e riparare quanto accaduto nel passato, affinché questo possa essere trasformato in cambiamento e speranza per il futuro.
La Biennale di Venezia 2022 concludendosi ha lasciato spazio al bianco e al potere del vuoto. Vi è dunque una creazione ad opera del vuoto.
Come scrive Paul Valéry C’è un certo vuoto che chiama – che chiede.
Lo spazio definito per sottrazione progressiva, quando ogni opera d’arte verrà disallestita lascerà spazio al grande vuoto dell’architettura che ha contenuto The Milk of Dream e si tornerà all’ architettura per l’architettura, in attesa della prossima Biennale.
Donatella Pinocci
No Comment