DIALOGHI – THE LARGE GLASSE, GUIDO GUIDI AL MAXXI – TESTO DI VITTORIA BIASI
Dialoghi.
The Large Glasse, Guido Guidi al MAXXI
Testo di Vittoria Biasi
Le mostre Large Glass e Guido Guidi. Col tempo 1956 – 2024, disposte su due piani, sono la sperimentazione di una teoria espositiva affidata ad artisti o intellettuali, che devono interpretare una parte della collezione proponendo un filo relazionale tra le opere.
Il rapporto dell’ombra con la luce e l’incontro con la visione poetica degli artisti fotografi impagina una storia fondata sulla lunga osservazione dei comportamenti luminosi e della reazione dello spazio coinvolto. Questa è la sfida della ricerca artistica tra la rivelazione della luce e la trasformazione dell’ombra. Alex De Corte, curatore delle due mostre, realizza un progetto espositivo partendo da Luigi Ghirri e Guido Guidi, eminenti figure della storia della fotografia.
Guido Guidi imposta il lavoro espositivo ripercorrendo il percorso emozionale e meditativo che nel tempo ha strutturato nell’archivio del suo studio a Ronta di Cesena, dove ha lavorato, ha avuto incontri e scambi di pensiero con giovani intellettuali e fotografi. Il titolo Guido Guidi. Col tempo 1956 – 2024 è la sintesi di un lavoro pragmatico nell’intimità di un progetto. L’archivio è il luogo in cui si scrive e si cataloga il tempo, le sue bizze, gli inganni e le scoperte, la processualità e la circolarità, da cui derivano scoperte: il tempo infine diviene l’altro fuori da sé e di cui si osservano i comportamenti.
Icona della mostra è l’incontro fotografico (2016) dell’opera di Giorgione La vecchia (1506). Nella presentazione alla stampa Guidi esordisce affermando di essere stato profondamente toccato dal dipinto di Giorgione di cui trovava errato il titolo. Il fotografo descrive alcune caratteristiche dell’opera a cui il pittore ha dato un titolo quasi spregevole. L’anziana donna, che il tempo ha reso sdentata, ha timidamente portato la mano dischiusa verso il centro del petto, sede del cuore e elemento dell’arte sacra. L’atteggiamento dispone Guidi verso un’altra lettura di cui dà traccia congiungendo con una linea rossa gli occhi al cartiglio che la donna, probabilmente la madre di Giorgione, tiene stretto a sé. Sul cartiglio è scritto col tempo: questo è l’incontro concettuale della ricerca artistica.
L’esposizione, vasta, documenta un ritmo progressivo che negli esordi è anche accompagnato da scritture, da annotazioni essenziali sull’osservazione. Sono gli anni in cui Guidi, che ha già studiato Architettura a Venezia, segue i corsi di Carlo Scarpa, Bruno Zevi e Mario De Luigi. La mostra documenta gli anni dell’esordio, con attenzione verso un mondo circoscritto ai piccoli viaggi tra la Romagna e il Veneto, per poi gradualmente abbandonare l’atteggiamento vigile sui luoghi della sua storia per dedicarsi all’incontro con il mondo, allargando lo sguardo verso altri confini.
Suddiviso in trentasette sezioni, il percorso espositivo riproduce le classificazioni d’archivio e la qualità degli esperimenti condotti nei vari anni. È particolare l’uso della macchina fotografica inclinata nel 1989 difronte al paesaggio di Gibellina ottenendo inattesi e inediti equilibri compositivi.
Alla sezione Architettura e Urbanistica appartengono le documentazioni relative agli incarichi nazionali e internazionali sulle architetture e sui territori. Guidi tra il 1993 e 1996 percorre in più tappe la strada B1 che da Kalingrad, attraversando l’Europa, conduce a Santiago di Compostela. Per l’architettura il fotografo documenta la Tomba Brion di Carlo Scarpa, le architetture di Le Corbusier, di Miles van Der Rohe e di Alvaro Siza e nel 2024, su incarico del MAXXI, documenta lo stesso museo.
Nella Galleria 4, al piano superiore, l’esposizione, dal titolo The Large Glass, è ispirata dalla foto Modena (1978 tratta dalla serie Still Life) di Luigi Ghirri. Vi è una pelle invisibile, scrive Alex De Corte, tra la figura appiattita e il volume di una bombetta rovesciata. Come tra una lenta marea e uno spazio restituito incessantemente. Quasi immerso in una trasparenza liquida White Bed di Domenico Gnoli (1968) crea una sensazione di straniamento imponendosi per la trama accurata e luminosa del tessuto che ricopre un letto sottratto ad uno spazio. Alcune opere della collezione sono immerse tra la luce e l’ombra. La scelta luministica esalta le plasticità dei volumi rendendoli più misteriosi come l’imponente installazione Fire Tires di Gal Weinstein. L’artista è fortemente coinvolto nei temi ambientali che affliggono la società. La scultura Fire Tires presenta alcuni pneumatici bruciati posati a terra infiammati da cui fuoriescono minacciose colonne di fumo evocando il petrolio e i vari processi di bruciatura e trasformazione.
La videoinstallazione di Kara Walker, che porta una riflessione critica sui temi del razzismo nella storia americana, si impone nell’ambiente occultando l’accesso all’opera Giuseppe Penone. Dietro la lavagna luminosa vi è lo spazio dedicato all’installazione ambientale Scultura di linfa, maestosamente religiosa, di Giuseppe Penone, acquistata dal MAXXI nel 2008. Le pareti della stanza sono interamente coperte di cuoio conciato e modellato sulla corteccia degli alberi per ricalcarne la forma (Corteccia di cuoio) di colore marrone che riverbera una luce dorata. Per accedere bisogna togliere le scarpe e indossare un copri-piedi bianco per camminare, sentire e vivere il bassorilievo scolpito sulle lastre di marmo di Carrara.
La mostra espone opere importanti della collezione da Mixing Parfums di Massimo Bartolini al Preparing The Flute di William Kentridge, al cappello nero capricciosamente posato sui ciottoli bianchi del vialetto esterno al museo alle spalle della parete su cui è esposta l’opera di Ghirri: come se la bombetta sospesa tra cielo e mare e sull’immagine di una donna stesse cercando altri percorsi.
Vittoria Biasi (Roma, dicembre 2024)
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